Why is a Wunderkammer kitsch?

Treasure Chest, Georg Hainz 1666

For my blog is all about wunderkammer, I though It was the time to talk about what a wunderkammer is and the connection I see between cabinets of curiosities and kitsch. A wunderkammer is basically a collection whose aim is to wonder. The section Wunderkammer is, in fact, a virtual collection of places I visited (or I’d like to) that, in some way, are connected to this aesthetic. All these places are, to me, source of astonishment and that’s way I call this section wunderkammer.

Historically, a Wunderkammer (wonders-chamber) or Kunstkammer (art-chamber) or Cabinet of Curiosities was a collection of objects, belonging to different areas, very popular in the sixteenth and seventeenth century, developed out from the Italian studiolo.

Theatrum Mundi

It was born as a kind of king’s private museum where he showed his wealth and, metaphorically, his power and control of the world. A Wunderkammer was regarded as theater of the world, an imago mundi in order to be a miniature of the world and, so, a memory theater. The objects stored in a Wunderkammer ranged from natural history, geology, zoology, archaeology, works of art and antiquities and were classified into three categories: Naturalia : rare or precious raws things like stones and gems, corallites, feathers, preserved animals, pearls or big shells. Artificialia : man-made objects and fine works of art like enameled cabinets, extremely precious jewelry, textiles, automata and clocks, works of cut stone, glass and crystal. Mirabilia : quirky or even grotesque things like malformed stuffed animals, strange antlers known for their magic powers, narval horn or huge animal skulls.

Chaos

In an era when science was not yet consolidated and however alchemy was no more magical, science merged with art and everything is confused without hierarchy. Every single thing has the same value so that Beauty is about to become Ugliness and vice versa and there’s no difference between the two because everything is rated for its wonderfulness. Microcosm becomes Macrocosm and the room of wonders is such as a chamber of horrors.

Kitsch

It’s a little bit anachronistic to define Kitsch a Wunderkammer, but they share the same accumulation principle. An eclectic space where objects are considered for their singularity, completely disconnected from the context, undermines the idea of Harmony in which Art is founded on. The after-effect is Chaos: there isn’t a direction nor an aim and nor yet an expectation. I came to the point that nowdays Kitsch is our unique condition, artistically and aesthetically. Today seems that everything has been discovered and invented, “tout est bu, tout est mange”, and we have nothing to do but gazing what the Past left to us. Beauty today is just a memory to store.

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Wunderkammer

La parola Wunderkammer, di origine tedesca, è composta da wunder che significa meraviglia, prodigio e kammer che indica la stanza, camera. Si definisce storicamente Wunderkammer (camera delle meraviglie) o Kunstkammer (camera dell’arte) una stanza adibita, nelle dimore dei signori più abbienti vissuti tra il 16° e il 17° secolo, alla conservazione di oggetti tra più disparati e bizzarri e la cui finalità era unicamente destare ammirazione. Se si volesse rintracciare l’origine di tale stanza, bisognerebbe cercarla nello studiolo di origine italiana e di età umanistica, utilizzato dal signore come luogo di studio e meditazione. Gli esempi più antichi di questi spazi, tutt’oggi visitabili, benché espoliati delle loro attrazioni principali, sono lo studiolo del duca Federico da Montefeltro a Urbino, costruito tra il 1473 e il 1476 , quello di Isabella d’Este al Palazzo Ducale di Mantova (1497-1523) e pochissimi altri.

Non si deve tuttavia pensare che il gusto del bizzarro sia nato dal nulla. La ricerca della rarità e della stranezza era presente sin dal medioevo quando, coccodrilli  impagliati e ossa fuori misura, riportati chissà da quale viaggio oltre Europa, venivano appesi nelle chiese (Santa Maria delle Grazie, Mantova). “Strano” infatti in epoca medievale, poteva essere anche un coccodrillo, una lucertola o delle conchiglie dalla forma particolare, semplicemente perché provenienti da terre lontane e esotiche. Furono le chiese a raccogliere le prime collezioni di mirabilia, con uno scopo facilmente comprensibile: possedere oggetti strani e rari era segno, oltre che di ricchezza, anche di una dominazione intellettuale e magica del mondo. Oggetti rari, e di conseguenza preziosi, erano spesso identificati come oggetti aventi poteri magici, talismani portafortuna con poteri apotropaici, secondo un processo non dissimile a quello che porta a venerare le reliquie dei santi con sedicenti poteri taumaturgici.

Theatrum Mundi

La wunderkammer vera  e propria si sviluppa solo a partire dal XVI secolo e in particolare in area nordica. Essa nasce come una specie di museo privato del re o del signore che, attraverso la collezione di oggetti rari e preziosi, allestiti e ordinati secondo i criteri più variabili e quanto mai personali, dimostrava la sua ricchezza e, quindi, il suo potere sul mondo. La camera delle meraviglie era una collezione di ogni tipo di oggetto, proveniente da qualsiasi parte del mondo e quindi assumeva, per questo, lo scopo della rappresentazione totale del mondo (Theatrum Mundi) attraverso i suoi frammenti. La wunderkammer è il tentativo di ricreare in piccolo (Microcosmo) un’immagine del mondo (Macrocosmo), cercando di rendere giustizia a tutta la sua varietà e diversità.

Gli oggetti collezionabili in una Wunderkammer potevano variare dalla storia naturale, all’archeologia, alla botanica, alla zoologia, ma potevano esserci anche opere d’arte, lavori di oreficeria molto preziosi come coppe, cammei e antichità di ogni tipo. Più esattamente essi potevano essere divisi in tre categorie: Naturalia: oggetti rari o preziosi che si trovano in natura come pietre e gemme, coralli, perle, piume, animali impagliati, scheletri, conchiglie, farfalle etc. Artificialia: oggetti di grande particolarità e pregio creati dall’uomo come potevano essere opere d’arte, credenze in legno pregiato e intagliato, gioielli e manufatti di oreficeria, tappetti e arazzi così come vesti preziose, orologi e altri meccanismi automatici, sfere armillari e mappamondi e ancora opere di madreperla, cristallo, vetro colorato, avorio e corallo intagliato etc. Mirabilia: era la parte più preziosa della collezione perché costituita da oggetti rarissimi, forse esemplari unici, come potevano essere animali deformi poi impagliati, ossa o corna dalle strane forme ritenuti avere poteri magici, denti di narvalo spacciati per corno di unicorni, teschi di elefante o altri animali esotici rari e tutto ciò che a vedersi faceva non solo stupore ma anche orrore, raccapriccio, incredulità. Se infatti la collezione doveva rappresentare il mondo, questo doveva essere presente con tutte le sue varianti, anche quelle più grottesche e strane.

Homo Melancholicus

Sebbene la collezione delle camera delle meraviglie prescinde da qualsiasi classificazione logica o tassonomica, si può facilmente riconoscere nella wunderkammer una primissima ed embrionale forma del museo moderno. Il museo, infatti, nasce come spazio privato ed elitario, poiché al suo interno il signore ammetteva solo coloro che credeva meritevoli di vederlo, ma sopratutto nasceva dal gusto e dal bisogno di una personalità singola. Costui è il signore, che si identifica idealmente con lo studioso, il quale allestisce la wunderkammer allo scopo non solo di mostrare la sua ricchezza ai suoi simili, ma anche per soddisfare il suo bisogno di conoscenza. Il collezionismo della wunderkammer è infatti di tipo eclettico ed elitario, riservato alle classi dominanti le quali, con oggetti come sculture di corallo o gusci di tartaruga dorati, uniscono lo scopo culturale a quello ostentativo della ricchezza più inutile e meravigliosa. L’uomo di studio, che noi immaginiamo immerso nella solitudine del suo studiolo in cui ogni oggetto è simbolo, proprio come il San Girolamo di Antonello da Messina o di Albrecht Dürer, circondato dal suo armamentario e le sue scartoffie e intento a risolvere il grande enigma che è il mondo, studia la realtà con distacco e quasi preferisce alla vita reale la sua rappresentazione cartacea. Lo studioso è un Homo Melancholicus che contempla gli oggetti terreni comprendendone la loro vanità. Egli sa che la sua collezione è destinata a fallire perché mai potrà racchiudere in una camera tutta l’infinita varietà delle specie del mondo. La wunderkammer è quindi anche un grande memento mori poiché ogni piccola cosa, anche la più comune, ricorda la morte, la sua fine e la sua piccolezza nello sterminato teatro del mondo.

Affetto da quella che era chiamata melancholia era Francesco I de’ Medici, Granduca di Toscana, ossessionato, si dice, dalla ricerca della pietra filosofale, uno dei primi italiani a trasformare uno studiolo in una wunderkammer. Nel ‘500 non si può non ricordare lo studio-wunderkammer nel castello di Ambras ad Innsbruck di Ferdinando II d’Asburgo e sopratutto quello dell’imperatore Rodolfo II d’Asburgo, vero e proprio fissato del collezionismo tanto da arrivare a possedere la più grande collezione in Europa allora esistente. Mecenate, oltre che collezionista, fu anche interessato all’occulto e all’alchimia e spese non poco del suo patrimonio per accumulare opere d’arte e oggetti rari che andranno poi dispersi dopo la sua morte. Ma molti altri furono i sovrani interessati al collezionismo di cui poco o nulla ci è rimasto e ben presto la stessa febbre si diffuse anche tra ricchi mercanti o studiosi. Senza contare sui numerosi personaggi europei, solo in Italia si può ricordare: a Napoli il farmacista Ferrante Imperato (1550-1631 circa) a Verona lo speziale Francesco Calzolari (1522 – 1609), a Roma il medico-naturalista Michele Mercati (1541 – 1593), a Bologna l’opera del medico-naturalista Ulisse Aldrovandi (1522 – 1605) e poi, di poco più tardi, il medico Manfredo Settala (1600-1680) a Milano e il fisico gesuita Athanasius Kircher (1602 – 1680) a Roma. Gli studiosi che si interessarono a queste raccolte lo fecero però, più che con spirito di ostentazione, con interesse scientifico o protoscientifico. Le loro raccolte, infatti, avevano un carattere diverso: esse tentavano una classificazione, un ordine, frutto di una mentalità sistematica che tenta di capire il mondo creandone una sintesi, uno specchio.

Chaos

Nelle prime wunderkammer le collezioni venivano ammassate in apposti ripiani, cassettini e vetrinette, senza alcun criterio logico. Solo in un secondo momento la raccolta casuale sfocerà nella classificazione e catalogazione scientifica. Prima infatti la medicina, l’anatomia, la botanica, la zoologia, la magia, la metallurgia, l’alchimia, la chimica, la geografia, l’astronomia, la bibliofilia erano tutte la stessa cosa perché Scienza e Arte, ancora indivisi, costituivano il grande sapere enciclopedico di origine medievale.

In un’epoca come il XVI secolo, in cui la scienza ancora non era stata sistematizzata e tuttavia l’alchimia aveva perso quell’aura di magia segreta e iniziatica, l’Arte era ancora fusa con la Scienza ed ogni cosa era confusa senza alcuna gerarchia. Nella collezione della wunderkammer non si cerca il Vero, né tantomeno il Bello, ma una cosa assume valore quanto più essa è strana, bizzarra, rara. Il metro di giudizio è la Meraviglia, una sorpresa necessaria se anche Giovan Battista Marino in quegli anni scrive “…è del poeta il fin la meraviglia…”. Questo evince qualsiasi criterio classico di bellezza e bruttezza: non ci sono cose più importanti di altre, ogni oggetto assume lo stesso valore così che la Bellezza diventa Bruttezza e viceversa. Il Microcosmo diventa Macrocosmo e la camera delle meraviglie diventa camera degli orrori. Ciò che conta è non già ciò che è bello, ma ciò che più attrae per la sua unicità. Cosa potrebbe, d’altronde, scuotere l’apatia dello studioso melanconico se non la curiosità?

Kitsch

Il declino della wunderkammer inizia già verso la seconda metà del XVII secolo e se ne registra definitivamente la fine nel settecento. Il motivo responsabile della fine della wunderkammer e di quella cultura basata sulla curiosità è da riconoscere nella nascita della scienza moderna. Fondamentale è stata la separazione tra Arte e Scienza, “vale a dire, una concezione della natura intesa non più come oggetto di mera contemplazione estetica, bensì come oggetto di indagine scientifica” (1). L’affermarsi del metodo empirico galileiano e del razionalismo cartesiano determinarono la fine della cultura della meraviglia, che molto doveva alla fantasia, all’immaginazione e all’ingenuità. Ormai le wunderkammer erano considerate un fenomeno obsoleto, degno di scherno da parte di chi era sempre più convinto della rivoluzione scientifica imperante. Eventi come L’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert, che si era preoccupata di classificare razionalmente tutte le cose, anche i mestieri e i loro strumenti, lo sviluppo delle scienze naturali da parte di studiosi come Carl von Linné, noto come Linneo (1707-1778) e Georges Cuvier (1769-1832), posero fine ad un approccio di tipo meraviglioso sostituendolo con uno razionalistico. Nascono così i primi musei pubblici come i Musei di Storia Naturale o altri musei naturalistici in cui confluirono, spesso, molti oggetti delle vecchie wunderkammer. I collezionisti settecenteschi preferivano ormai sopratutto circondarsi di reperti archeologici, pezzi di arte antica e, al massimo, souvenir di viaggi vicini e lontani, il tutto il linea con la moda del Gran Tour e con i grandi viaggi e le nuove scoperte geografiche.

Se pur le wunderkammer sono scomparse con l’epoca moderna, non si è estinto con loro l’uomo melanconico, che nel frattempo è diventato malinconico. Per una serie di motivi che sarebbe troppo lungo indagare e che forse attengono di più alle ragioni dell’inconscio che a quelle della logica, collezioni di oggetti strani, singolari o semplicemente brutti sembrano riapparire negli studi e nelle case di artisti, scrittori, pittori del ‘900. Un esempio su tutti ne è il Vittoriale di Gabriele d’Annunzio o lo studio di André Breton. Il collezionista, infatti, si trova da solo a difendere il suo stato d’essere costantemente meravigliato in un epoca in cui è sempre più fuori luogo ovvero quella della rivoluzione industriale, del positivismo e dell’epoca contemporanea. Non è un caso che Breton sia il padre e teorico del surrealismo, movimento che fonda la sua base sull’irrazionalità del sogno. In una realtà che tutto conosce e tutto analizza, la meraviglia viene uccisa quotidianamente. Può essere ritrovata solo nel sogno, nell’inconscio, in quelle relazioni tra le cose che la mente fa senza motivo. Ciò che definisce il valore in un oggetto non è nemmeno più la bizzarria, ma il personale valore attribuito ad ognuno di essi, derivante da ricordi, collegamenti personali incomprensibili, irrazionali somiglianze, sogni. “Ogni cosa è illuminata” (2) e si assembla in piccoli reliquiari della vita quotidiana come le scatole che fa Joseph Cornell, che cerca di ricreare con piccoli oggetti quelle corrispondenze di cui già Charles Baudelaire aveva parlato (Correspondences, Les fleurs du Mal) e che Aby Warburg riprende nella costruzione dell’immenso Atlante della Memoria.

Sarebbe anacronistico definire Kitsch una Wunderkammer in quanto il kitsch è un fenomeno prettamente moderno, ma non si può negare una certa somiglianza nel principio che sottende ad entrambe. Infatti, sia la camera delle meraviglie che l’accozzaglia di oggetti kitsch, condividono lo stesso principio di accumulazione senza criterio, uno spazio eclettico in cui oggetti considerati nella loro singolarità e completamente avulsi da qualsiasi contesto, sono avvicinati insieme. In entrambi i casi, infatti, si mina l’Armonia, il principio su cui l’arte classica è fondata, sintomo di una novecentesca crisi della fine dell’arte e delle sue certezze. Ne è conseguenza il Chaos ovvero la perdita di qualsiasi valore di ogni oggetto, arte e non arte, brutto e bello, bellezza e cattivo gusto che ormai sono uguali e intercambiabili. L’assenza di ordine, così come di valore, è un principio modernissimo. Si ritorna ad una dimensione privata in cui il museo è personale o immaginato, come quello di Andre Malraux, o addirittura trasportabile, come fa Duchamp fino ad arrivare all’arte contemporanea che ricicla senza inventiva questo gusto e lo traduce attraverso i banali oggetti di oggi giorno (Damien Hirst).

Conclusione

Quello che oggi ci resta del passato possiamo solo conservarlo per contemplarlo. Il Kitsch, espressione di un’arte degradata ma forse l’unica che conservi un minimo di vitalità perché ingenua, rimane oggi paradossalmente la sua espressione più vera. Il museo è il grande spazio in cui l’Arte esiste ancora, ma al contempo, anche la sua tomba. Oggi, epoca in cui ogni cosa è stata inventata e scoperta e “tout est bu, tout est mange” (3), non ci resta che restare a guardare i frammenti che il Passato ci ha lasciato. La Bellezza oggi è solo una memoria da conservare.

Così si spiega la sezione Wunderkammer di questo blog. Essa nasce come una camera delle meraviglie virtuale che raccoglie luoghi capaci di suscitare meraviglia, che essi siano vere wunderkammer, wunderkammer moderne, case museo o posti strani e kitsch. Poiché questo blog è fortemente basato sull’idea di wunderkammer, di meraviglia e di kitsch, mi è parso giusto oggi spiegare come, a mio parere, sia possibile vedere un collegamento tra la Wunderkammer e il Kitsch.

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(1) I musei di Storia Naturale agli inizi del 19° secolo, Curzio Cipriani in Treccani.it, qui.

(2) romanzo di Jonathan Safran Foer, in cui il debito a Cornell è palese nel personaggio di Jonathan. Foer ha curato anche l’edizione dell’antologia “A Convergence of Birds: Original Fiction and Poetry Inspired by the Work of Joseph Cornell”.

(3) Langueur, Paul Verlaine

St. Jerome in His Study, 1460-1475 by Antonello da Messina

St. Jerome in His Study, 1514, by Albrecht Dürer

Melacholia I, 1514, by Albrecht Dürer

Lorenzo Lotto, Ritratto di Andrea Odoni, 1527

The Allegory of Sight by Jan Brueghel the Elder and Peter Paul Rubens, 1618

Allegory of Sight and Smell, Jan Brueghel the Elder, 1618

Chamber of Art and Curiosities, 1636, by Frans Francken II

Jacques Linard, Nature morte aux coquillages et au corail, 1640

David Bailly, Self-Portrait, 1645

L’Archiduc Léopold-Guillaume dans sa galerie de peinture, 1647 by David Teniers the Younger

L’ archiduc Leopold Guillaume dans sa galeire a Bruxelles 1651 by David Tenier

Wunderkammer di Ferrante Imperato

from Dell’historia naturale by Ferrante Imperato (1599)

Wunderkammer of Francesco Calceolari

from Musaeum Franc. Calceolari jun. Veronensis by Benedicto Ceruti and Andrea Chiocco, 1622

Kircher’s museum at the Collegio Romano (1680’s)

from Giorgio de Sepibus, Romani Collegii Musaeum Celeberrimum, frontispiece

Ole Worm’s cabinet of curiosities, from ”Museum Wormianum”, 1655

Giovanni Paolo Pannini, Galleria di quadri con viste dell’antica Roma 1758

Giovanni Paolo Pannini, Galleria di quadri con viste dell’antica Roma, 1759

Johan Zoffany, The Tribuna of the Uffizi (1772-78)

Domenico Remps: Lo Scarabattolo (undated; 18th)

Charles Wilson Peale “The Artist in His Museum” Self-portrait (1822)

Gabriele d’Annunzio house, Il Vittoriale

André Breton studio and collection

(this incredible site show you the story of each single object)

One of the page of the Mnemosyne-Bilderatlas of Aby Warburg, 1920’s ca.

Andre Malraux and his “Musée Imaginaire” 1940s ca.

Untitled (Pharmacy) , Jospeh Cornell, 1943

La boîte-en-valise, 1936/1968 by Marchel Duchamp

(Boîte en carton recouverte de cuir rouge contenant des répliques miniatures d’œuvres, 69 photos, fac-similés ou reproductions de tableaux, collées sur chemise noire)

Damien Hirst, Sinner, 1988

(Glass, faced particleboard, ramin, plastic, aluminium, anatomical model and scalpels. Photographed by Prudence Cuming Associates.)

Damien Hirst, Pharmacy, Installation detail. 2009-2010

Theatrum Mundi Armarium, Mark Dion&Robert Williams 2001

Historia Naturae by czech filmmaker and artist Jan Švankmajer


Aesthete. Art historian & blogger. Content creator and storyteller. Fond of real and virtual wunderkammer. Founder and main author of rocaille.it.

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