Villa Virginia Caruso
via Dante Alighieri, 159, Palermo
www.villavirginiacaruso.com
Tutto il liberty palermitano ha a che fare con i Florio, la loro storia si configura come un esempio della trasformazione socio-economica di una regione, la Sicilia, che stava lentamente passando da una realtà imperniata sul latifondo all’avvento del capitalismo. Non solo, essa si configura anche come emblema della formazione di una nuova classe sociale, la borghesia imprenditoriale, che usò lo stile liberty come linguaggio della propria affermazione economica. Ai Florio, infatti, si deve la committenza delle opere di architettura liberty più importanti di Palermo, a firma di Ernesto Basile, di Giuseppe Damiani Almeyda e Carlo Giachery.
Il liberty a Palermo e i Florio
Nel 1891 a Palermo si tenne l’Esposizione Nazionale (la quarta in Italia dopo Firenze, Milano e Torino) e per l’occasione fu aperta la Via dell’Esposizione, attuale Via Dante, dove Basile aveva costruito i grandi padiglioni effimeri in stile normanno-siculo. Era dunque una zona nuova, alla moda e circondata dal verde. Qui Ignazio Senior creò un vero e proprio quartiere Florio facendosi costruire vari villini in cui avrebbero abitato lui con la moglie e i figli Ignazio Junior e Vincenzo Junior. Tra queste abitazioni, all’epoca collegate da un grande parco che si estendeva dalla via Olivuzza (oggi corso Finocchiaro Aprile) alla via dei Lolli (oggi via Dante), successivamente lottizzato, si trovava anche il Villino Florio all’Olivuzza, capolavoro liberty di Ernesto Basile.
Se purtroppo gli interni del Villino Florio andarono distrutti in un incendio nel 1962, a Villa Virginia tutto è rimasto conservato così come appariva durante la Belle Epoque, per questo può a tutti gli effetti definirsi l’unica villa liberty integrale esistente a Palermo. Anche Villa Virginia è legata al mondo dei Florio: colui che volle costruirla, il commendatore Vincenzo Caruso, fu per decenni amministratore generale degli immobili dei Florio, incarico che prima di lui ebbe suo padre, il quale era legato alla famiglia da un rapporto di grande stima e affetto, tanto da battezzare i proprio figli Vincenzo e Ignazio. Per il ruolo che ricopriva, e vista anche la posizione sociale che ne derivava, decise di farsi costruire la sua dimora nella zona nuova della città, acquistando un ampio lotto di terreno a ridosso dell’immensa proprietà dei Whitaker, perché si sarebbe trovato a comoda distanza dalle residenze dei Florio.
Vincenzo e Virginia Caruso
Villa Caruso
La villa fu dedicata alla moglie Virginia e l’incarico fu affidato all’architetto Vincenzo La Porta, che aveva seguito il cantiere della residenza dei Florio a Favignana (al seguito del suo maestro Giuseppe Damiani Almeyda). Fu creata una villa imponente in pieno stile liberty, progettata in ogni dettaglio e affidata alle più importanti maestranze del settore: i mobili sono di Ducrot e di Mucoli, le ceramiche vengono dalla fabbrica dei Florio, le vetrate piombate furono disegnate da Pietro Bevilacqua.
Al piano terra, prima ancora di entrare nel salone principale, si può vedere lo studio rivestito di cuoio decorato in oro; superata la porta a vetri eccoci nel salone tutto in boiserie, compreso il soffitto a cassettoni, in cui campeggia, tra quadri, suppellettili, poltrone e divani originali, anche un grande pianoforte dell’epoca. In un angolo si può vedere il ritratto di Virginia anziana realizzato dal Ettore De Maria Bergler, l’autore degli affreschi liberty del salone di Villa Igiea.
Sullo stesso piano si trova la luminosa sala da pranzo, circondata da enormi finestre che danno sul giardino che continua, idealmente, nelle grandi tele dipinte con tecnica dell’affresco che raffigurano paesaggi ameni, piante e fiori. Si tratta dell’opera della pittrice giapponese O Tama Kiyohara, che arrivò a Palermo nel 1882 con suo marito, lo scultore siciliano Vincenzo Ragusa. L’artista aveva trascorso 8 anni a Tokyo, dove avrebbe dovuto lavorare per la creazione di una nuova scuola d’arte. Conobbe O Tama giovanissima e i due decisero di trasferirsi a Palermo insieme.
Attraverso un’imponente scalinata lignea, affiancata da una grande vetrata policroma opera di Pietro Bevilacqua, si arriva ai piani superiori dove si trovano le camere da letto, oggi adattate per permettere l’ospitalità. Salendo ancora si arriva alle due torrette gemelle che dominano su via Dante e che erano i rispettivi studi di fotografia e pittura dei padroni di casa.
O Tama Kiyohara nel 1883
La villa oggi
Vincenzo e Virginia purtroppo non ebbero figli e così, dopo di loro, la villa pervenne a Rosa Amoretti, una nipote genovese di Virginia che ogni anno trascorreva l’estate a Palermo e che qui conobbe e sposò il barone Vincenzo Valenti. I due si stabilirono nella villa ed ebbero due figli: Giuseppe, affetto da una grave malattia morì giovane, e Giancarlo, appassionato di archeologia che, non avendo figli o eredi diretti, testamentò la villa alla famiglia Orlando
La villa, che è stata a lungo residenza del sindaco Leoluca Orlando, è stata ereditata dalle sorelle Eleonora e Leila, dal nonno Salvatore Orlando. Oggi è una casa vacanze di lusso che può essere prenotata su airb&b ma ospita anche eventi privati, shooting, workshop e mostre; viene aperta al pubblico con visite guidate della coop. Terradamare e in autunno in occasione del festival Le Vie dei Tesori.
E’ recente la notizia che la villa fa parte del percorso Art Nouveau network approvato dal Consiglio d’Europa.
Fonti:
www.siciliaweekend.info
www.sicilystoriesandmore.it
Su O Tama Kiyohara: www.sicilystoriesandmore.it
ESTERNO:
SALONE PRINCIPALE:
SALA DA PRANZO:
SCALINATA:
PIANO SUPERIORE:
TORRETTA: