La Pinacoteca Ambrosiana di Milano è ben nota per custodire importantissimi capolavori della storia dell’arte. Il più famoso è sicuramente la “Canestra di frutta” di Caravaggio, ma ugualmente strabilianti sono i paesaggi fiamminghi ossessivamente descrittivi dei Brueghel e di Paul Brill; le due teste di Giovanni Battista dei Solario, così simboliche da far invidia a un Redon, e poi la pittura lombarda di Bernardino Luini o Moretto da Brescia, senza contare i frammenti di quel che resta della wunderkammer di Manfredo Settala.
I capelli di Lucrezia Borgia
Devo confessare però che il motivo che mi ha portato a visitare l’Ambrosiana è stato il fascino di una reliquia profana: i capelli di Lucrezia Borgia. Avevo già visto il cimelio qualche anno fa alla mostra su Pietro Bembo a Padova. E’ da quel momento che mi è rimasta la curiosità di rivederla, forse la stessa morbosa curiosità che colpì anche Byron il quale non resistette a rubarne una ciocca quando, nell’ottobre del 1816, andò appositamente a vederla e disse «sono i capelli più biondi che si possano immaginare e che mai ho visti di così biondi».
All’epoca i capelli non erano ancora racchiusi nel bellissimo reliquiario anni ’20 opera dell’orafo Alfredo Ravasco ed erano chiusi in un cofanetto di vetro, insieme alla corrispondenza amorosa tra Lucrezia e Pietro Bembo. Sempre preso dall’emozione di quella ciocca, tre settimane dopo, da Verona, Byron scriveva di nuovo all’amico ed editore John Murray confessandogli che era riuscito a corrompere il custode dell’Ambrosiana e a farsi dare uno di quei capelli che teneva «come una reliquia».
Durante l’ottocento, secolo di romanticismi e passioni inquiete, la ciocca divenne quasi un mito feticista e meta irrinunciabile per Gustave Flaubert nel 1845; dieci anni dopo fa sognare i fratelli Edmond e Jules de Goncourt e si narra che persino il principe Giorgio del regno di Prussia (1838-1890) avesse inviato a Milano due ufficiali per ammirare la ciocca e farne un resoconto. Fra il 1826 e il 1828 anche Valery, pseudonimo di Claude Pasquier, conservatore delle Biblioteche reali di Francia, visiterà tre volte l’Ambrosiana e parlerà della ciocca come di una «singolarità piccante». Il mito valicò il secolo e ritroviamo l’immancabile Gabriele d’Annunzio ad ammirare il feticcio riguardo al quale disse di essere stato colpito «nel soppesare il pallore de’ capelli di Lucrezia Borgia, che furono tratti per lui dalla teca spezzandone i suggelli».
Se si tratti o no dei veri capelli di Lucrezia Borgia questo è ancora in dubbio. Si dice che furono ritrovati nelle lettere di Bembo, che aveva dedicato gli Asolani a Lucrezia. Certo è che la ciocca è presente negli inventari manoscritti del museo voluto dal cardinale Federico Borromeo fin dal 1685 assieme alle nove lettere indirizzate dalla duchessa di Ferrara al Bembo.
La reliquia di Lucrezia Borgia si trova nella sala 8 o sala della Medusa che, insieme a quella successiva delle Colonne (9), conservano oggi le più importanti raccolte di oggettistica dell’Ambrosiana, oltre ad alcuni dipinti rinascimentali. La sala prende il nome dalla fontana scolpita da Giannino Castiglioni tra il 1929 e 1931.
source: corriere.it.
Pinacoteca Ambrosiana official site: ambrosiana.eu
Lucrezia Borgia’s hair reliquary. Reliquary by Alfredo Ravasco, 1928.
Flora by Bartolomeo Veneto. Presunto ritratto di Lucrezia Borgia.
Allegedly portrait of Lucrezia Borgia.
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