Dove: Piazzale Santuario, 46010 Grazie MN
Orari: 07:30–12:00; 15:00–19:00
Web: www.santuariodellegraziecurtatone.it
Da tempo desideravo visitare il Santuario di Santa Maria delle Grazie a Curtatone, vicino Mantova. La chiesa è famosa per avere un coccodrillo impagliato appeso sul soffitto e per la sua bizzarra decorazione parietale, con ex voto di cera e macabri manichini in cartapesta.
La chiesa come prima wunderkammer
Sin dal medioevo, in chiese e conventi, era uso raccogliere e conservare, oltre a reliquie preziose, anche altri reperti la cui qualità principale è quella di meravigliare o turbare: ossa di balena, coccodrilli e altre parti di animali imbalsamati come corna, artigli o gusci di tartaruga, fossili, uova di struzzo, oggetti appartenuti a personaggi biblici, spesso arrivati in Occidente tramite le crociate. Ancora oggi, per esempio, possiamo vedere un coccodrillo appeso in varie chiese d’Italia (Santa Maria delle Vergini a Macerata; S. Maria Annunziata a Ponte Nossa, in provincia di Bergamo; San Giorgio a Ragusa), ma anche a Siviglia, alla Puerta del Lagarto della Cattedrale; un osso di balena si può vedere nella Cattedrale di Modena o a Verona a Piazza delle Erbe, sospeso nell’arco detto appunto “della costa”; i dipinti di Piero della Francesca o Mantegna, invece, ci testimoniano la presenza di uova di struzzo appese in cappelle o sopra gli altari.
La presenza nelle chiese di questi oggetti, scelti per la loro rarità e mostruosità, serviva per annientarne il potere maligno: infatti, secondo la simbologia cristiana, coccodrilli, serpi e in generale qualsiasi altro animale non identificato, era simbolo del male e incatenarlo in una posizione sopraelevata significava ricondurlo ad un contesto noto e familiare, renderlo innocuo. Aveva inoltre una funzione apotropaica e fungeva da monito contro l’umana predisposizione all’errore, ma soprattutto esercitava una forte attrattiva sui fedeli. Alla base c’è il principio della messa in scena, del teatro, per questo motivo le chiese sono da considerarsi le prime wunderkammern, che anticipano le collezioni d’arte e di meraviglie del Rinascimento e poi del Barocco, in cui tutto è spettacolo.
Lo stesso principio sottende anche la serie di statue in cartapesta che raffigurano condannati a morte, rappresentati nei loro grotteschi dettagli, fino a quelli più macabri del supplizio. Le figure nelle nicchie rappresentano tutti i personaggi della società del tempo, di qualsiasi rango, ceto, funzione, attività, collocazione sociale e trasformano la chiesa in un vero e proprio theatrum mundi dell’epoca.
La particolarità del santuario ha colpito anche Bernardo Bertolucci, che vi ha ambientato qui una scena del film Novecento (la riunione dei fascisti). Per la scena il pavimento fu rialzato con un’impalcatura in legno.
l’interno del Santuario gremito di comparse, attori e dalla troupe del film “Novecento”
La storia
Le origini del Santuario risalgono circa all’anno Mille, quando iniziò ad essere frequentato dalla gente del posto come luogo di devozione: si venerava un’icona della Madonna con il Bambino, che si diceva facesse grazie e miracoli. Probabilmente ispirato da questa tradizione Francesco Gonzaga, Duca di Mantova, fece erigere nel 1399 un’importante basilica quale ex-voto di ringraziamento alla Madonna per aver liberato Mantova dal flagello della peste. Affidò la realizzazione, con il costo allora importante di 30.000 scudi d’oro, al famoso architetto Bartolino da Novara, all’epoca impegnato alla corte del Gonzaga per il quale progettò, tra il 1397 e il 1401, il castello di San Giorgio. La consacrazione avvenne nel 1406 il giorno di Ferragosto, festa dell’Assunta, e la basilica venne affidata ai frati francescani. Per questo motivo la data del 15 agosto rimane centrale nella vita del Santuario fino ai giorni nostri.
Il Convento è un’enorme struttura in stile gotico lombardo che si staglia, oggi come allora, su una straordinaria terrazza panoramica affacciata su un’imponente ansa del fiume Mincio (le cosiddette “Valli”). Era arrivato ad avere 4 chiostri (oggi ne è rimasto solo uno) e una cinquantina di celle. Fino al 18esimo secolo la Basilica delle Grazie risplende dal punto di vista artistico e architettonico, ma due eventi in particolare ne determinano un decadimento: l’imperatore d’Austria Giuseppe II soppresse il convento e i francesi cacciarono i francescani rimasti a custodirlo, attuando un drammatico saccheggio di molti oggetti preziosi accumulati in tre secoli di visite devozionali. Un’altra vicenda che procurò danni al Santuario fu il verificarsi, nei pressi, di fatti cruenti della vicenda risorgimentale, quali la battaglia di Montanara e Curtatone del 1848. La chiesa tornò ad essere meta di pellegrinaggi nella seconda metà del 1800.
Gli interni
Entrando in questa chiesa, che all’esterno non sembra diversa da molte altre della zona, ciò che stupisce è il bizzarro arredamento degli interni. Le pareti della navata sono ricoperte ad una particolare impalcatura lignea, ideata nel 1517 da frate Francesco da Acquanegra, costituita da tante colonne che creano moltissime nicchie. Le colonne, le trabeazioni e le basi che separano i riquadri sono cosparsi di mani, cuori, seni, bubboni, maschere, bambini in fasce, occhi, putti alati tutti di cera. Ogni elemento è stato disposto a formare ghirlande e bizzarre geometrie, sempre per volere di Frate Francesco allo scopo di ornamento, ma anche di ex voto, a testimonianza della capacità miracolistica del Santuario.
Nelle nicchie trovano posto strani manichini fatti di cartapesta e legno, decorati con crine equino, ghiande e tela indurita con gesso e dipinta con coloranti. I 53 manichini esprimono quasi tutti emozioni violente e vanno dal ‘500 all’inizio del ‘700. Rappresentano guerrieri, personaggi illustri in visita qui e condannati a morte miracolati. Tra gli uomini illustri si riconoscono: Papa Pio II Enea Piccolomini, che visitò il Santuario nel 1459; Carlo V con la corona imperiale, che si recò in visita al Santuario per ben due volte; Filippo II, Re di Spagna, con al collo il Toson d’Oro, che visitò il Santuario nel 1549; sopra la Cappella della Madonna vi è la statua di Carlo Duca di Borbone, vestito ducalmente con lo scettro in mano; poi, tra gli altri, tre nobil donne con abiti del Seicento e una figura femminile con il cappello di paglia, detta la “Miseria d’le Grasie”, a causa del suo misero aspetto.
Le figure più interessanti sono però quelle dei condannati a morte, raffigurati nel momento della grazia avvenuta poco prima del supplizio: un condannato all’affogamento, salvato da due angeli che lo estraggono da un pozzo con un sasso al collo; c’è un condannato all’impiccagione al quale per quattro volte si ruppe il laccio; c’è un condannato alla garrota che fu graziato perché innocente. Ancora: un condannato ai tratti di corda, uno all’ustione dei piedi e Rinaldo della Volta, fornaio mantovano, condannato a morte per il taglio della testa, poi graziato. Il giustiziere era il famoso “Giuanin d’la masöla”, boia di Marmirolo e Goito.
Ne viene fuori una sorta di ciclo della vita: vi sono immagini di tutte le età, dalla nascita alla vecchiaia, e di tutte le gerarchie umane, dal Papa e dai Re, dai guerrieri ai prelati all’uomo semplice. Le statue servono a dimostrare che chiunque può essere miracolato. Questa modalità di teatralizzazione del miracolo, anche attraverso immagini cruente, è perfettamente in linea con il dettato controriformistico, così come manifestazioni fantastiche, simboliche ed esoteriche lo sono di una certa cultura rinascimentale.
In alcune delle nicchie che oggi vediamo vuote si trovano una serie di armature, databili tra i secoli XV e XVI, alcune delle quali provenienti dalla bottega dei Missaglia, armaioli milanesi del XV e XVI secolo, noti in tutta Europa, scoperte negli anni Venti del secolo scorso e oggi conservate nel Museo Diocesano di Mantova.
La chiesa è importante anche perché qui si trova, nella prima cappella di destra, il mausoleo di Baldassarre Castiglione (1478-1529), il grande umanista, diplomatico e celebre autore de “Il Cortegiano”. La cappella fu concepita dal suo amico Giulio Romano, architetto, scultore e pittore che a Mantova realizzò Palazzo Te.
Il coccodrillo fu stato donato al Santuario dal nobile Pier Paolo Malaspina nel 1608 come ex voto per la guarigione della moglie Bianca Bevilacqua, contessa di Lazise, ma la leggenda vuole che la bestia fosse fuggita da uno dei rinomati zoo esotici privati di casa Gonzaga (forse quello di Bosco Fontana), con tinte miracolose legate nell’evento: due fratelli barcaioli stavano riposando sulla sponda del fiume, quando uno dei due venne assalito dal coccodrillo. L’altro, chiedendo l’intercessione divina della Madonna delle Grazie, si armò di coltello e riuscì a uccidere il predatore.
Il Mincio
Sulla destra del Santuario una discesa porta fino a un grande parco, dove ha inizio la Riserva Naturale delle Valli del Mincio. Emissario del lago di Garda, il fiume Mincio rallenta la sua corsa all’altezza di Rivalta, pochi chilometri di prima di Grazie, dove crea un ambiente paludoso di grande interesse naturalistico. Io l’ho visitato in autunno, quando la vegetazione era ormai caduca, ma nei mesi di luglio e agosto si possono vedere le acque ricoperte da fiori di loto in piena fioritura.
Questa pianta iniziò a proliferare in queste paludi dal 1921 quando una studentessa di scienze naturali, Maria Pellegreffi, portò dei tuberi dall’Università di Parma, grazie a dei missionari che avevano degli stretti legami con la Cina. Il suo scopo era quello di ottenere dalla pianta una farina alternativa, visto che quella tradizionale nel primo dopoguerra scarseggiava, ma lo scopo non fu raggiunto e il loto proliferò. In estate si può anche fare un giro in barca, che consente di navigare fra canneti, ninfee e fior di loto, potreste vedere aironi cinerini, aironi rossi, cormorani, cigni e molti altri uccelli rari.
INTERNI:
SAGRESTIA CON EX VOTO MODERNI:
IL CHIOSTRO:
VALLI DEL MINCIO: