Il patrimonio dell’art nouveau e decò italiano è ricco ma disperso. Paga lo scotto di essere frammentario e così rimane sconosciuto. Per questo mi sembrava doveroso dare visibilità alla mostra che si svolge nel Palazzo dell’Acquedotto di Bari , lontana dai più conosciuti circuiti delle mostre italiane, che ci fa scoprire un capolavoro liberty-decò dell’artista Duilio Cambellotti.
Duilio Cambellotti
I romani forse lo ricorderanno come decoratore di quel piccolo gioiello che è la Casina delle Civette a Villa Torlonia. Era in effetti un artista poliedrico, capace di spaziare dalla pittura alla ceramica al design di mobili. Fu anche scenografo e costumista per il teatro e lavorò per quarant’anni tra il Teatro Stabile e l’Opera di Roma, il teatro all’aperto di Ostia antica e il Teatro Greco di Siracusa, realizzando alcuni spettacoli memorabili come “La Nave” di Gabriele D’Annunzio del 1907. E a Roma aveva lavorato per la decorazione degli interni dei villini Bellacci (1908), Vitale (1910), Pallottelli (1922) e De Grossi a Castelgandolfo (1915). Nel 1917 inizia a lavorare anche nel cinema, realizzando scenografie, costumi e cartelloni per il film “Frate Sole”, “Gli ultimi giorni di Pompei” (1926), “La corona di ferro” (1941) e “Fabiola” (1949), un’esperienza che si concluderà nel 1948 con gli studi per i movimenti di scena del film “Il cielo sulla palude” di Augusto Genina.
Nel 1926 interviene per la prima volta nella decorazione di un edificio pubblico decorando le Sale delle bandiere a Castel Sant’Angelo a Roma.
Il Palazzo dell’Acquedotto Pugliese
E’ il 1930 quando gli viene commissionata la decorazione del Palazzo dell’Acquedotto Pugliese di Bari, un lavoro che lo occuperà per quattro anni. Cambellotti cura il disegno architettonico di alcune sale degli ambienti più rappresentativi del primo piano e dell’appartamento del Presidente al secondo e nei quali è autore della decorazione pittorica, dei pavimenti, degli arredi, completati dagli apparecchi di illuminazione, i tappeti e addirittura delle maniglie.
L’attenzione ai dettagli è estrema, piccole maniglie a forma di rondine stilizzata oppure intarsi in madreperla che rappresentano, con una sintesi tra decò e naive, un fiume che scorre. Il tema che percorre tutta la decorazione è infatti l’acqua, non solo come elemento naturale, ma anche come celebrazione della costruzione dell’acquedotto in Puglia. Cambellotti utilizza alcuni temi a lui cari come i cavalli, le fontane, il lavoro femminile e li adatta perfettamente al luogo prendendo ispirazione anche dal romanico pugliese.
La mostra “Duilio Cambellotti. Le grazie e le virtù dell’acqua” che si tiene proprio nelle sale del Palazzo dell’Acquedotto Pugliese è nata per celebrare il primo centenario dell’arrivo dell’acqua in Puglia (1915-2015) e come omaggio all’artista che decorò il Palazzo. Sono esposte oltre centoventi opere tra dipinti, disegni, illustrazioni, sculture come celebre monumentale “Fonte della Palude” e ancora ceramiche, terrecotte, vetrate, mobili e quaranta bozzetti preparatori eseguiti per il Palazzo dell’Acquedotto, in un susseguirsi di argomenti dedicati: la spiga e l’ulivo, le mille e una notte, il mondo della natura, la grazia delle donne, le virtù dell’acqua, gli stili e gli arredi. Per la mostra il Palazzo è stato finalmente aperto, poiché non era altrimenti visitabile, rendendo possibile confrontare studi e decorazioni effettivamente realizzate.
“Duilio Cambellotti. Le grazie e le virtù dell’acqua”
Palazzo dell’Acquedotto Pugliese, Bari
27 febbraio – 14 giugno 2015
Official site
Pictures sources:
mostracambellotti.it
facebook mostra Duilio Cambellotti
artribune.com
bari.repubblica.it
Affresco dell’Acquedotto nella Sala del Consiglio
Affresco dei cavalli nella Sala del Consiglio
Affresco della Sala della Corografia
Particolare Anticamera del Presidente
Arredi in legno:
particolare del tavolo della sala del Consiglio con disegno stilizzato di acquedotti e città, 1931-1932.
Disegni e illustrazioni:
“Storia delle tre sorelle”, tavola XX de Le mille e una notte
Bozzetto per l’affresco dell’acquedotto
Illustrazioni per “La siepe di Smeraldo”, 1920