Officina Santa Maria Novella, Tempio del Profumo
Di tutti i piaceri procurati dai sensi, quello dell’olfatto è il più inoffensivo: possiamo abusarne quanto vogliamo e non produrrà in noi alcuna corruzione. La passione per i profumi è la sola nobile, perché trascende i limiti del corpo. Un profumo procura sensazioni di piacere pur essendo privo di sostanza: ha la stessa inconsistenza dello spirito e per questo tende verso Dio.
L’Officina Profumo di Santa Maria Novella è il Tempio del Profumo. Divina corrispondenza tra nome e cosa, là dove tutto è ciò che appare, la chiesa è profumeria e la santità del luogo è racchiusa nel respiro lieve che si inala appena entrati.
Laddove qualsiasi altra profumeria ha il suo intento nell’arricchire, l’Officina di Santa Maria Novella mira a purificare. Lo stesso nome rimanda ad un luogo di lavoro dai tempi lenti, ordinati e ripetitivi come quelli di un convento, dove il rito nuovo è il rito antico. L’Officina ha infatti origine sacre: sono i frati domenicani che, a partire dal 1221, iniziano a coltivare nel piccolo orto adiacente alla chiesa di Santa Maria Novella le erbe officinali che servivano per preparare i medicamenti, balsami, pomate per la loro piccola infermeria. Il lavoro dei frati aveva inizialmente solo scopi medici e curativi, le erbe venivano raffinate secondo un processo di purificazione da cui si ottenevano estratti assoluti, dove l’essenza coincideva con l’essenziale.
Siamo agli albori degli studi scientifici, non è forse un caso che i domenicani si siano interessati proprio a questa attività se, tra il 1543 e il 1545, avvennero le fondazioni dei Giardini dei semplici di Pisa e Firenze; la pubblicazione degli aggiornamenti del Ricettario fiorentino, il testo fondamentale della farmacopea toscana e la fondazione, nel 1657, dell’Accademia del Cimento, la prima società scientifica europea. Un mondo che mi fa pensare agli erbari, agli orti botanici, ai fiori dipinti da Botticelli nel prato della Primavera, ai meravigliosi giardini toscani. Ma la scienza antica è ancora confusa con la magia, pozioni e profumi hanno proprietà ma anche poteri. L’arte del profumo è diretta discendente dell’alchimia ma non mira più a trasformare il metallo in oro, ma l’aria in poesia.
Arte aromataria nel Rinascimento
In un clima favorevole come quello della Firenze dei Medici, l’Officina cresce e, poco prima che Cosimo II muoia, diventa così importante e rinomata che si decise di aprire la vendita al pubblico nel 1612. Il primo direttore, Fra’ Angiolo Marchissi fu fondamentale per la crescita dell’officina in termini commerciali: ricoprì le funzioni di speziale del convento dal 1618 al 1659, fu studioso e sperimentatore negli studi alchemici, attivo durante la grave epidemia di peste del 1630-31. Fu lui l’inventore de “l’Acqua antisterica”, un medicamento a base di essenze di spezie ed erbe, tra cui l’erba di Santa Maria o balsamite (Balsamite major Desf.), coltivata per le sue proprietà aromatiche e medicinali e che ancora oggi si trova nell’Acqua e nelle Pasticche di Santa Maria Novella. Era molto amico di Ferdinando II de’ Medici, dal quale ottenne l’onore di poter fregiare la spezieria del titolo di Fonderia di Sua Altezza Reale e l’arme medicea, che incornicia il ritratto di San Pietro martire.
Durante la sua direzione, la farmacia conobbe un periodo di prosperità economica e commerciale, tanto che si poterono sostenere ingenti spese per i diversi lavori resi necessari dall’intensa attività, compresa l’apertura di un nuovo ingresso riservato ai laici. Infatti, oltre ai prodotti curativi, i frati iniziano ufficialmente la vendita di quelli “effimeri”, i profumi. Il profumo era il massimo della cosmesi, sia per uomini che per donne, l’inutile lusso accessibile solo ai più ricchi. Fu nientemeno che Caterina de’ Medici nel 1533 a commissionare il suo profumo all’Officina: per lei fu creata un’acqua a base di essenze di agrumi, con una predominanza di bergamotto di Calabria e che tutt’ora viene prodotta con il nome di Acqua di Santa Maria Novella. Quando Caterina andò sposa a Enrico II e si trasferì in Francia, diffuse allora presso la corte francese l’uso del profumo. Renato Bianco, suo profumiere personale, al quale aveva chiesto di seguirla a Parigi, aprì una boutique sul Pont Neuf e fu conosciuto con il nome di René le Florentin.
Siamo ormai in pieno Rinascimento, Firenze è il centro dell’Arte e della ricchezza raffinata che si gode in ogni cosa, nei quadri e nelle cappelle private, nelle stoffe e nelle vesti, nelle case e negli arredi, nel cibo e nei profumi. I viaggi di commercio e i primi esploratori portano spezie allora sconosciute e i grandi signori come Caterina Sforza, Isabella ed Alfonso d’ Este, Lucrezia Borgia, Cosimo de’ Medici ed appunto Caterina de’ Medici si appassionano ai profumi. Da Firenze, all’avanguardia nell’arte aromataria, dilagò una moda che via via invase Francia e Inghilterra e tutte le altre corti europee.
Alcuni profumi creati all’epoca sono tutt’ora prodotti: oltre all’Acqua di Santa Maria Novella, la più antica, si ricorda anche la colonia “Peau d’Espagne” o “La Marescialla”, un bouquet di note legnose orientali speziate. La formula originale della fragranza, nata come “poudre” (polvere) profumata, fu creata da una nobile francese, la Contessa D’Aumont, moglie di un Maresciallo di Francia, che usava questa fragranza per profumare i suoi guanti. Si dice che, a causa di questo suo interesse per l’alchimia, sia stata sospettata di stregoneria e bruciata sul rogo. Il “bouquet à la Maréchale” era di gran moda alla fine dell’800, tanto che Tomasi di Lampedusa, lo fa indossare alla sua protagonista Angelica al gran ballo dai Salina nel suo capolavoro letterario Il Gattopardo: “dalla scollatura di Angelica saliva il profumo di bouquet à la Maréchale”.
L’Officina è inoltre tra le poche strutture in Italia a lavorare ancora il rizoma di Iris per ottenere la polvere dal tipico odore di mammola. L’iris, del resto, cresce spontaneo sulle colline della Toscana tanto che fu preso a simbolo della città di Firenze.
Epoca moderna
La Farmacia continuò la sua attività fino alle soppressioni napoleoniche quando l’ultimo frate, fra’ Damiano Beni, nel 1871 riuscì a salvarla dall’espropriazione passandola a suo nipote Cesare Augusto Stefani. Si chiudeva così la secolare attività aromataria dei frati di Santa Maria Novella, ma la sua produzione continuò per quattro generazioni sotto la famiglia Stefani. L’azienda arrivò, molto ridimensionata e abbastanza polverosa, agli anni ’80. Era piccola, con un patrimonio storico ingombrante e, all’epoca dei gran marchi, molto fuori moda. Un giorno viene chiamato un ingegnere meccanico per studiare un aggiornamento della macchina per fare le pasticche di S. Maria Novella. Era Eugenio Alphandery, il quale si appassiona al lavoro, poi all’azienda e alla sua storia, così si mette in gioco e crea altri impianti per modernizzare altri tipi di produzione. Nel 1989 entra da direttore e, quasi subito, diventa anche socio e azionista fino a prendere possesso dell’azienda (oggi l’ultima erede della famiglia Stefani figura ancora, ma solo con una quota simbolica).
E’ negli ultimi decenni, grazie alla sua guida, che l’azienda cresce smisuratamente, uscendo dalla dimensione familiare e arrivando a fondare 60 negozi monomarca in tutto il mondo. La produzione è talmente cresciuta che è stato necessario spostarla in un altro stabilimento, a Rifredi. Il catalogo dei prodotti (oltre seicento) è rimasto pressoché intatto, fra antiche preparazioni, liquori, acque di colonia, estratti tripli, essenze assolute, prodotti per l’igiene e la cura del viso, del corpo, saponi, solari, profumi per la casa. Alcune definizioni, come “acqua antisterica” sono state aggiornate, ma molte altre come “Polvere per bianchire le carni” o “Talborina” sanno ancora di ottocento. Meraviglioso anche il packaging, curatissimo, delicato, richiama le forme dei contenitori usati dall’Officina negli ultimi due secoli. Si noterà che sui prodotti non ci sono i prezzi, che sporcano il prodotto, ma si possono leggere in un apposito prezzario appeso in negozio. Il punto vendita di Firenze, che è anche quello più antico, si distingue per un’ulteriore finezza: chi compra non deve nemmeno portare i prodotti alla cassa, si fa shopping con una card, sulla quale vengono memorizzati tutti i prodotti acquistati che saranno consegnati direttamente al momento del pagamento.
Alphandery è un imprenditore colto e, consapevole del patrimonio storico unico dell’azienda, ha mantenuto la struttura ottocentesca della sede fiorentina. Nel contempo ha saputo modernizzare e razionalizzare non solo la produzione, ma anche la sede stessa, trasformandola in una boutique del profumo. Attraverso una serie di restauri ha riadattato spazi altrimenti inutilizzati creando anche un piccolo museo, dove sono raccolti antichi documenti, attrezzi delle vecchie produzioni, maioliche rare, termometri, mortai, orci per far macerare il pot-pourri, isolatori di porcellana, fino al “macinino vibrovaglio” che veniva usato per tritare il rizoma dell’iris.
In occasione dei 400 anni dell’Officina ha dato l’avvio ai restauri della cappella affrescata, che tutt’oggi si può ammirare girando nel negozio, ed è stata creata anche una tisaneria, comprensiva di un piccolo giardino interno. Dal 2012 si è voluto ricreare un piccolo giardino, come esempio di hortus conclusus coltivato dai frati. Al suo interno sono coltivate tutte le piante necessarie alla preparazione dei prodotti dell’Officina, tra cui la famosa Balsamite; in un’altra parte invece è stato realizzato anche un piccolo orto aziendale. Infine, nella parte più bassa, è stato ricreato un laghetto in stile giapponese, come omaggio al grande amore di Alphandery per l’Oriente.
Official Site: www.smnovella.it
Da sinistra a destra:
Acqua di Fiori d’arancio; Sapone Vellutina; Acqua di Colonia Santa Maria Novella; Pot Pourri.
L’Antica Spezieria
E’ l’ambiente più antico dell’Officina SMN, la farmacia aperta dai frati domenicani nel 1612 a cui vi si accedeva dal Chiostro Grande. Tutti gli armadi e il bancone di vendita sono originali del XVIII secolo, un tempo contenevano i prodotti da vendere ed oggi sono usati come esposizione per boccette e flaconi antichi. Spiccano, vicino la porta, due grandi angeli porta-candelabro, in legno dorato risalenti al XVIII secolo.
Sala Verde:
In origine e sin dal 1542, come si legge nel Primo Libro delle Entrate e delle Uscite del Convento, questa sala ospitò i laboratori dell’Officina. Nel 1700 la Sala Verde diviene sala di ricevimento per gli ospiti di riguardo, ai quali venivano servite le specialità della casa, come l’Alkermes o la China, ma soprattutto la cioccolata, bevanda allora di grande moda.
La sala verde racchiude la storia della farmacia: sulla parete di sinistra c’è lo stemma dei domenicani, costituito da uno scudo bianco e nero che riproduce i colori dell’abito monastico dei domenicani. Sulla parte cappata nera dello stemma è posta una stella, a ricordare la nascita di San Domenico, fondatore dell’Ordine, mentre sulla parte bianca i frati del convento di Santa Maria Novella avevano aggiunto il sole raggiante del volto del Cristo. Sottolo stemma vi è il busto marmoreo di Fra’ Tommaso Valori, direttore dell’Officina dal 1788 al 1823.
Sulla parete destra domina l’effigie del santo domenicano Pietro da Verona (S.Pietro Martire) di Matteo Rosselli. Lo scudo di questo stemma – sormontato dalla corona granducale con il giglio di Firenze – è costituito dai sei bisanti (palle) medicei, cinque dei quali sono tenuti in mano da putti dorati avvolti nelle spire di un grande serpente che stringe fra le fauci la sesta palla. Il serpente, animale sacro al dio guaritore greco-romano Asclepio-Esculapio, è il simbolo della farmacopea e della medicina. I ritratti di tutti i direttori dell’Officina dal 1612, circondano la sala. Il primo è Fra’ Angiolo Marchissi, l’ultima è la Sig.ra Stefani, ancora vivente.
al centro lo stemma con il ritratto del santo domenicano Pietro da Verona (S.Pietro Martire) Lo stemma dei domenicani, con il busto marmoreo di Fra’ Tommaso Valori
Sala vendita :
Questa sala oggi si trova dove un tempo si trovava una delle cappelle della chiesa di Santa Maria Novella, quella dedicata a S.Niccolò di Bari. Nel 1848, furono eseguite significative opere di ristrutturazione del complesso e la cappella fu trasformata in Sala di Vendita cosicché l’ingresso ufficiale divenne quello da via della Scala. Il soffitto ha affreschi ottocenteschi che rappresentano i 4 continenti; alle pareti grandi nicchie neogotiche contengono in esposizione tutti i prodotti in vendita correntemente.
La Sagrestia:
Le pareti di questa piccola cappella sono state affrescate da Mariotto di Nardo con scene della Passione di Cristo. Gli affreschi sono databili al XIV secolo e sono stati riscoperti, pulendoli dalla ridipintura ottocentesca, durante il restauro del 2012, in occasione dei 400 anni dell’azienda. Si tratta della sagrestia dell’ex Cappella di San Niccolò, usata fin dal XVII secolo come aromateria, ovvero stanza dove si conservavano le acque distillate e per questo chiamata “Stanza delle acque”.
La Tisaneria
La tisaneria è una sala da tea-caffetteria che segue gli orari del negozio e in cui è possibile degustare anche i prodotti di SMN.
Museo:
Dalla tisaneria si accede al piccolo museo dove oggi sono esposti macchinari e antichi strumenti, utilizzati un tempo dai frati, come come la taglierina, gli stampi per il sapone, la macchina per le pasticche, i distillatori in muratura e le bottiglie fiorentine, che servivano per separare l’acqua di distillazione dalle essenze aromatiche. Fino al 1980 l’intera produzione dell’azienda avveniva in questi spazi.
Il museo comprende anche la collezione di ceramiche, che si trova nelle vecchie cantine oggi restaurate. Si tratta di un importante gruppo di contenitori farmaceutici in maiolica di Montelupo, quasi tutti datati tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento, alcune addirittura realizzate precedentemente al 1612, data dell’apertura ufficiale al pubblico dell’Officina.
antichi macchinari Le distillerie in muraturabottiglie per la distillazione
il meraviglioso giardino interno
la collezione di ceramiche un alambicco chiamato “fiorentina”, che permette la separazione dell’acqua aromatica dall’olio essenzialel’ingresso ottocentescoL’entratala facciata della chiesa Santa Maria Novella
Il Giardino di Santa Maria Novella:
Il giardino di Santa Maria Novella si trova poco fuori dal centro di Firenze, sulle colline di Castello. Chi vi entra viene accolto da una siepe di Rosa Novella, un ibrido di rosa gallica appositamente creata da Roberto Gavina per Officina di Santa Maria Novella, in occasione dell’inaugurazione del giardino.
Prospicente Villa la Petraia, in origine questo terreno era l’uliveto della villa medicea che infatti si può vedere in alto. Dal 2012 è stato comprato dall’azienda allo scopo di riprodurre un’antica tradizione ereditata dai frati domenicani: l’hortus conclusus, coltivato dai frati intorno al loro convento fin dal lontano XIII secolo. Al suo interno infatti si trovano tutte le piante necessarie alla preparazione dei prodotti dell’Officina tra cui la famosa Balsamite, che un tempo era la base dell’ “Acqua anti-isterica” per le sue proprietà calmanti.
In una parte del giardino è stato realizzato anche un piccolo orto aziendale mentre, verso il basso, è stato creato un piccolo laghetto in stile giapponese, in omaggio al grande amore per l’Oriente dell’Ing. Alphandery.
Sul sito dell’Officina SMN si possono trovare con esattezza tutte le piante qui coltivate: smnovella.it
Il laghetto giapponese non ancora fioritolavanda
La fontana usata durante la festa dei 400 anni dalla quale invece che acqua stillava acqua di colonia;
sul fondo Villa La Petraia
la Rosa Novella Rosmarino
Rosmarino albinoPeri a coltivazione a candelabro o a cordon Lillà