Dove: Via Manzoni, 1, Pasturo (Lecco)
Contatti: info@comune.pasturo.lc.it
La casa della poetessa é visitabile su richiesta con un minimo di 10 partecipanti.
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Le due stanze che compongono la casa-museo di Antonia Pozzi sono un tempio dedicato alla sua Poesia. Nonostante il palazzo dei Pozzi a Pasturo (LC) si sia trasformato dopo la sua morte, in due stanze all’ultimo piano è rimasto tutto ciò che lei lasciò al mondo.
Questo articolo è il primo reportage completo sulla casa di Pasturo ad apparire sul web. La casa viene aperta in giornate speciali, soprattutto in estate, oppure su richiesta. Ringrazio in particolar modo il Comune di Pasturo nella persona di Guido Agostoni che ha permesso la mia visita, augurandomi, così come ho detto anche a lui, che questo luogo possa diventare presto un museo vero e proprio.
Pasturo, la montagna incantata
“Sono rimasta molto tempo con la testa appoggiata alle sbarre del cancello. Ho visto un pezzo di prato libero che mi piace. Vorrei che mi portassero giù un bel pietrone della Grigna e vi piantassero ogni anno rododendri, stelle alpine e muschi di montagna. Pensare d’esser sepolta qui non è nemmeno morire: è un tornare alle radici”. Antonia Pozzi scrive queste parole nel suo diario il 10 settembre 1937, un anno prima di morire. E’ una ragazza di 25 anni e pensa già alla sua tomba, che oggi si trova esattamente dove lei aveva desiderato, in fondo al piccolo cimitero di Pasturo, un paesino di poche anime in provincia di Lecco.
Il padre aveva comprato una grande villa settecentesca nel 1917, l’antica dimora dei Marchiondi, e qui, sin da bambina, Antonia si recava per trascorrere le vacanze estive. E’ così che il piccolo paese della Valsassina diventò un luogo caro sin dall’infanzia, lo considerava il suo rifugio: “Giungere qui – tu lo vedi dopo un qualunque dolore – è veramente tornare al nido” (Ritorno Serale, 18 ottobre 1933). Al secondo piano della villa c’è lo studio di Antonia, con una finestra che guarda sulla Grigna: da questa scrivania scriverà molte delle sue poesie e tante lettere, come questa a Remo Cantoni “Quando dico che qui sono le mie radici non faccio solo un’immagine poetica. Perché ad ogni ritorno fra questi muri, fra queste cose fedeli e uguali, di volta in volta ho deposto e chiarificato a me stessa i miei pensieri, i miei sentimenti più veri”.
Pasturo è un posto sacro per Antonia, luogo eletto per la creazione poetica. Inoltre è proprio qui che scopre la passione per la montagna: a 14 anni fa la sua prima camminata sulla Grigna e raccoglie delle stelle alpine. Le possiamo vedere ancora oggi sotto le vetrinette del museo, su una carta che porta la data: “Grigna, settembre 1926”. La montagna rimarrà per tutta la vita una delle sue più grandi passioni, le altre saranno la fotografia e soprattutto la poesia, che inizia a sperimentare da adolescente.
L’amore
Era una ragazza fortunata Antonia Pozzi, figlia unica di una famiglia alto borghese molto benestante: sua madre Lina Cavagna Sangiuliani, di origine aristocratica, è una discendente di Tommaso Grossi; suo padre Roberto è un affermato avvocato, con diversi incarichi politici. Antonia cresce in un ambiente colto e gode di molti privilegi: a 13 anni assiste alla prima della Madama Butterfly diretta da Toscanini alla Scala; prende lezioni di pianoforte e disegno (nel corridoio, appena si entra, sono appese due prove di disegno), studia le lingue, pratica lo sci, il tennis e l’equitazione, può permettersi di viaggiare e avere interessi costosi come la fotografia.
Nel 1927 viene iscritta al Liceo Manzoni di Milano, uno dei più importanti della città, dove si distingue sin da subito per essere molto studiosa, è insomma un’allieva modello. Il suo professore di latino e greco, Antonio Maria Cervi, ne nota l’intelligenza e instaura con lei un rapporto privilegiato, le dona libri e sempre più spesso i due si fermano a parlare dopo le lezioni. Nasce timidamente una storia d’amore: nonostante l’estremo pudore di entrambi, ben presto i due si scoprono innamorati e cominciano a vivere la relazione allo scoperto. Antonia è felice, questo amore è un sentimento potentissimo che la porta a scrivere le prime poesie. Suo padre, invece, è assolutamente contrario: il professore, 18 anni più grande di lei, appartiene ad una classe sociale ed economica non all’altezza della famiglia Pozzi e ostacola in ogni modo la loro relazione. Cervi, di carattere timido e introverso, si trasferisce a Roma per allentare la tensione. I due innamorati continuano a sentirsi, Antonia lo cerca e gli scrive continuamente, ma poi il tragico epilogo: il padre sfida a duello il professore. Cervi, per il bene di Antonia e per la sua rispettabilità, cede.
Antonia ne esce annientata: è la prima rottura con la vita. Il dolore per l’idillio spezzato, l’impossibilità di vivere il suo amore, la rabbia e al contempo il rispetto verso la figura paterna la lasciano in uno stato emotivo fragile e incerto. Risale a questo periodo un primo tentativo di suicidio. L’ultima lettera a Cervi è del ’34, ma continuerà a scrivergli per tutta la vita: anche se in futuro avrà altre storie, questo amore rimarrà incancellabile.
sotto il portico della villa di Pasturo, 1935
Poesia, fotografia e montagna
La vita di Antonia da questo momento diventa una vita di poesia: “la poesia è una catarsi del dolore […] Vivo della poesia come le vene vivono del sangue” (lettera a Tullio Gadenz). Così se la storia con Cervi è stata soffocata nella realtà, la poesia le consente di renderla viva ed eterna: “Vita sognata” (1933) è una raccolta di dieci liriche, dedicata proprio a lui, in cui immagina la vita che avrebbe voluto insieme. Sono parole dolorose, sogni abortiti, addirittura anche la rinuncia ad una desiderata maternità che si porterà dietro come un peso per sempre. “Come in una fiaba/triste – un altro giardino/si chiude – al margine/della strada…”, scrive in un’altra poesia del ’33. La ferita di questa esperienza non si sanerà mai e immette in lei il germe dell’infelicità.
Antonia legge molto per la sua età, grazie ai suoi viaggi può permettersi anche libri che in Italia non esistono. Tra i poeti italiani conosce i crepuscolari Corazzini e Gozzano, ma anche Ungaretti, Quasimodo e Saba; tra gli stranieri i decadenti Baudelaire, Rimbaud, Tennyson e Emile Verhaeren, ma anche Walt Whitman. Tra i libri della sua biblioteca sono stati trovati molti russi come Turgenev, Čechov e Dostoevskij, ma anche Stefan Zweig, Thomas Mann e Katherine Mansfield. Per le sue poesie prende ispirazione dalla natura, molte sono dedicate al piccolo paese dove Antonia, lontana dal trambusto della città e dalle vicende umane, si metteva a scrivere “dal suo vecchio tavolo”. Non pubblicherà niente, la poesia è una vita parallela, rifugio ed elevazione dai mali del mondo: “Poesia, mi confesso con te/che sei la mia voce profonda […] Poesia, poesia che rimani/il mio profondo rimorso,/oh aiutami tu a ritrovare/il mio alto paese abbandonato” (Preghiera alla Poesia, 1934).
Antonia è una ragazza estremamente vitale, si dedica con passione agli sport e alla fotografia. Dall’età di 16 anni ha una macchina fotografica con cui ritrae paesaggi, animali, scorci di Pasturo e poi anche le periferie di Milano. La fotografia è un percorso diverso e complementare a quello della poesia, che le permette un’osservazione silenziosa delle cose per fissarne l’eternità, il loro mistero; è un tentativo di trattenere qualcosa che non sarà più e che si carica di significati simbolici ed esistenziali. Negli archivi sono state ritrovate migliaia di fotografie, molte delle quali ancora da studiare. Lei stessa regalerà un album di 300 a Dino Formaggio: “Caro Dino, l’altro giorno hai detto che nelle fotografie si vede la mia anima: e allora eccotele”.
Dopo la poesia e la fotografia, la Pozzi ha un’altra enorme passione, la montagna, che inizia sin da bambina a Pasturo. Il paesino ai piedi della Grigna, infatti, le offre la possibilità di fare passeggiate sulle rocce locali, ma ben presto si interesserà anche allo sci e alla scalata, sulle Dolomiti e sul Cadore. A Misurina, nel ’34, conosce e prende lezioni di sci da Emilio Comici, famoso alpinista italiano dell’epoca e ideatore di una concezione estetica dell’arrampicata. Ne ammira la capacità e gli scatta diverse fotografie. Antonia conosce anche Guido Rey, celebre guida valdostana che fu anche scrittore e fotografo.
La scalata è per lei un’elevazione spirituale, la stessa che richiede la scrittura di una poesia, un cammino di purificazione estrema per arrivare alla vetta assoluta.
nell’angolo in fondo:
gli attrezzi per i suoi sport preferiti ovvero gli sci, la racchetta da tennis, il frustino da cavallo, la piccozza e lo zaino per le escursioni
Fotografia di Antonia Pozzi: Rifugio Principe Umberto, alle Cime di Lavaredo, gennaio 1936
Studi e incontri universitari
Intanto, dal 1930, Antonia frequenta l’Università Statale di Milano, dove si laureerà nel 1935 con una tesi su Flaubert. Sono anni di studio e sperimentazione, in un clima intellettuale vivo e stimolante: ha come docenti Giuseppe Antonio Borgese, Luigi Castiglioni e Antonio Banfi; alle loro lezioni incontra Remo Cantoni, Enzo Paci, Dino Formaggio, Ottavia e Clelia Abate, Giancarlo Vigorelli, Luigi Rognoni, Giulio Preti, Guido Morselli, Alberto Mondadori e Vittorio Sereni, che diventerà uno dei suoi migliori amici e confidenti. Nel ’34 si avvicina in particolare al compagno di studi Remo Cantoni, che invita anche a Pasturo. Per lui scrive la poesia Secondo amore, ma si tratta di una relazione di pochi mesi, poiché lui non intende approfondirla.
Le lezioni di estetica del Prof. Antonio Banfi, con cui Antonia si laurea, diffondono i principi di una cultura libera e antidogmatica. Il suo pensiero, il cosiddetto “razionalismo critico”, consisteva nel “rintracciare sotto il confuso procedere della ricerca filosofica una struttura metodica che ne garantisse la libertà” (La mia esperienza filosofica, breve saggio autobiografico). E’ intorno a lui che si forma quell’élite intellettuale che cercava di contrastare la retorica del regime e che poi formerà la Scuola di Milano.
Anche Antonia riflette sul presente, si sente estranea al fascismo (suo padre, intanto, era diventato Podestà di Pasturo) e diventerà critica con le leggi raziali, che costringeranno i suoi carissimi amici Paolo e Piero Treves a trasferirsi in Francia. Sono anni di crisi e di forti dubbi, la posizione dell’intellettuale è difficile. Antonia non è l’unica a scegliere il suicidio: “prima di lei, nel 1935, si uccide Gianluigi Manzi (“Io sono una donna”, scrive la Pozzi nel suo diario, “ma devo essere più forte del povero Manzi che si è ammazzato per una ragione uguale alla mia”). Nel 1972 Giulio Preti va a morire a Djerba, in Tunisia, senza portare con sé le pillole cui è legata la sua sopravvivenza. Morselli si spara un colpo alla tempia nel 1973. Cantoni morirà di propria volontà nel 1978.”[1]
La sua poesia si fa esistenziale. L’ammirazione per Banfi la porta a scoprirsi al punto di fargli leggere alcune sue poesie; la risposta che ne riceve è: “si calmi signorina”. Se fino a quel momento la poesia è il suo modo per sopravvivere, adesso diventa la sua identità. Ne è convinta e lo afferma a se stessa: “e se nessuna porta/s’apre alla tua fatica,/se ridato/t’è ad ogni passo il peso del tuo volto,/se è tua/questa che è più di un dolore/gioia di continuare sola/nel limpido deserto dei tuoi monti/ora accetti/d’esser poeta.”(Un destino, 1935).
Nel frattempo fa le prime esperienze di insegnamento, cosa che le piace moltissimo, e si avvicina a Dino Formaggio, uno studente lavoratore di estrazione sociale completamente opposta a quella della Pozzi. Passa molto tempo con lui frequentando le periferie, in particolare Corvetto, a fare fotografie o passeggiate in bicicletta. Ammira questo ragazzo, forse vede in lui una nuova possibilità per una vita serena. Questa volta Antonia è più matura, ha conosciuto dolori e ferite, pensa ad una vita semplice, è disposta anche a rinunciare al benessere. Ma un definitivo chiarimento con Dino le fa capire che lui non è disposto a proseguire. Questo nuovo rifiuto la lascia inerme, incapace di reagire ancora.
Antonio Banfi (ultimo a destra) con i suoi allievi nel 1935.
In alto da sinistra: Vittorio Sereni, Antonia Pozzi, Remo Cantoni, Alberto Mondadori ed Enzo Paci. In basso da sinistra: Ottavia Abate, Elisa Buzzoni e Clelia Abate.
La morte
Probabilmente il cuore di Antonia era già da molto tempo in preda ad una “disperazione mortale”, così come scrisse nella lettera di addio ai genitori, le mancava un “affetto fermo, costante, fedele”. Pesarono i ripetuti rifiuti, ma un suicidio in fondo non ha mai un perché. Intanto anche le vicende storiche si incupivano e tutto precipitava verso la II Guerra Mondiale. La sera prima della morte, il 1° dicembre, Antonia sembrava felice: insieme ad alcuni amici aveva assistito a un concerto della Società del Quartetto, si era accordata per passare i futuri giorni di Sant’Ambrogio in montagna o a Camogli. All’uscita però apparve confusa e rifiutò di tornare in auto.
La mattina del 2 dicembre 1938 si recò nella scuola dove insegnava, l’Istituto tecnico Schiaparelli, e chiese un permesso per uscire prima. Era una mattina molto fredda, prese la bicicletta e andò verso l’Abbazia di Chiaravalle, dove tante volte era stata con Dino. La neve aveva rivestito di bianco la campagna intorno, lasciò la bicicletta e si sedette a pochi metri da un piccolo corso d’ acqua. Portava con sé un barattolo di pasticche, che ingoia tutte insieme, si sdraia sulla neve e aspetta. La trovarono il giorno dopo ancora viva, ma in preda ad una polmonite acutissima a causa della notte passata al freddo. Morì poche ore dopo [1]. Nella borsetta aveva due lettere, una per i suoi genitori e una per Dino Formaggio, e anche foglio con la trascrizione manoscritta della poesia Diana di Vittorio Sereni, al quale scrive “Addio Vittorio caro, mio caro fratello”:
“…il canto che avevi, amica, sulla sera
torna a dolere qui dentro,
alita sulla memoria
a rimproverarti la morte.”
A Casorate Sempione nel 1937
Colpe e riscatti
Il funerale si svolse pochi giorni dopo a Pasturo [3], così come aveva voluto. Seguirono la bara i genitori sconvolti, parenti, amici e i compagni di università Enzo Paci, Vittorio Sereni e Dino. Sarà sepolta nel piccolo cimitero del paese, proprio come aveva immaginato, sotto tre grandi massi della Grigna. Una statua col volto di donna, forse un angelo, protegge tutt’oggi la tomba; accanto a lei troveranno posto anche il padre, nel 1960, e la madre, nel 1980.
Dopo la sua scomparsa vengono aperti i cassetti che Antonia aveva sempre tenuti chiusi: per la prima volta vedono la luce centinaia di fogli, quaderni, lettere, appunti. E’ il padre il primo a scoprire il corpus poetico che la figlia ha sempre tenuto segreto e ne rimane scosso. Nelle poesie Antonia si svela senza pudori, si mette a nudo con tutte le sue fragilità. Spinto dalla voglia di rendere omaggio alla figlia amatissima, ma al contempo incapace di comprenderne il grande valore letterario, raccoglie le poesie cancellando arbitrariamente alcune parole, tagliando e rincollando alcune parti, copiando e poi distruggendo molte carte originali, soprattutto lettere. Dopo questo lavoro di emendazione, fa pubblicare nel 1939 una piccola raccolta, di circolazione privata, col titolo “Parole”. E’ forse questa l’offesa più grande ad Antonia, oltre che un crimine letterario, manipolare la sua poesia facendo perdere per sempre preziosi originali.
Questo padre, così autoritario e severo, chiuso in moralistici principi di rispettabilità borghese, è profondamente addolorato e sente pesare su di sé la colpa per l’infelicità della figlia. Eppure la ama moltissimo, aveva fatto qualsiasi cosa per renderla felice e non si capacita della sua morte. In suo ricordo commissiona delle pitture nella chiesetta parrocchiale di Pasturo: sarà Aldo Carpi, il pittore che verrà poi deportato nei campi di concentramento, a dipingere due grandi tempere (vedi sotto). In uno Antonia è raffigurata come il Cristo del “lasciate che i bambini vengano a me”; nell’altro viene raffigurato il suo funerale, con i ritratti del padre e della madre [2].
La madre, invece, non metterà più piede nella camera di Antonia: chiusa in un dolore muto e insanabile, conserva lo studio della figlia come un mausoleo. Negli ultimi anni di vita Donna Lina si era ritirata a Pasturo e dopo la sua morte lascia tutte le carte e la villa alle Suore del Preziosissimo Sangue di Monza. Una di queste, Suor Onorina Dino, si interesserà alle poesie della Pozzi, fonda l’Archivio e inizia uno studio lungo e meticoloso che porterà alla rivalutazione della poetessa.
Infatti, dopo la prima pubblicazione voluta dal padre nel ’39, seguì una ristampa nel 1943, che destò molto entusiasmo e interesse, ma sempre all’interno di un ristretto ambiente intellettuale. La ristampa del 1948 ha l’introduzione di Montale, anche Thomas S. Eliot e Ezra Pound espressero apprezzamento per le poesie della Pozzi, ma bisognerà aspettare gli anni ’80 per una vera e propria considerazione di Antonia Pozzi come poeta. Gli studi di Suor Onorina Dino, e contemporaneamente quelli di Alessandra Cenni, grazie all’appoggio degli editori Scheiwiller, Garzanti e Archinto, in occasione del cinquantenario della morte, nel 1988 porteranno alle stampe alcuni volumi antologici, con poesie mai pubblicate prima. Da quel momento inizia la riscoperta. Molto importante anche la ricerca di Graziella Bernabò che, insieme a Suor Onorina Dino, è stata curatrice dell’opera omnia.
Trailer del film Antonia, di Ferdinando Cito Filomarino, 2016
Riferimenti
Per una visione generale della vita della poetessa rimando a due libri biografici: In riva alla vita. Antonia Pozzi: vita breve di una poetessa di Alessandra Cenni, edito da Rizzoli nel 2012 ma ormai fuori commercio, che racconta in modo suggestivo la vita della Pozzi secondo una stile narrato, non sempre attendibilissimo ma piacevole ed evocativo; l’altro è la biografia critica Per troppa vita che ho nel sangue. Antonia Pozzi e la sua poesia di Graziella Bernabò (Ancora, 2012), che analizza le vicende biografiche in relazione all’opera poetica, attraverso uno studio delle fonti e delle testimonianze dal vivo. La stessa casa editrice ha pubblicato nel 2018 l’opera omnia, curata da Suor Onorina Dino e Graziella Bernabò, in un cofanetto che racchiude in tre libri tutte le poesie, i diari e le lettere (si trovano anche singolarmente: “Parole. Tutte le poesie”; “Ti scrivo dal mio vecchio tavolo. Lettere 1919-1938”; “Mi sento in un destino. Diari e altri scritti”). Sempre la Ancora Editrice ha pubblicato anche la raccolta di fotografie Nelle immagini l’anima. Antologia fotografica, a cura di Onorina Dino e Ludovica Pellegatta. Infine, negli ultimi anni, sono stati pubblicati due documentari e un film: Poesia che mi guardi, cine-documentario di Marina Spada (2009); Il cielo in me. Vita irrimediabile di una poetessa. Antonia Pozzi (2014), di Sabrina Bonaiti e Marco Ongania, un film-documentario molto fedele, con interviste a persone che hanno conosciuto la Pozzi, girato tra la casa di Pasturo e la provincia di Lecco; infine Antonia (2016), un film di libera interpretazione del regista Ferdinando Cito Filomarino e prodotto da Luca Guadagnino.
Per quanto riguarda la Villa Pozzi di Pasturo nel 2014 le suore hanno donato tutti gli scritti, le fotografie e la biblioteca storica della poetessa al Centro Internazionale Insubrico “Carlo Cattaneo” e “Giulio Preti”, che si trova all’Università degli Studi dell’Insubria e così alla città di Varese. E’ stato scelto questo centro in considerazione del fatto che lì si conservano oramai diversi archivi concernenti la “scuola di Milano” formatasi negli anni Trenta del Novecento attorno al magistero di un filosofo come Antonio Banfi [4]. Le suore hanno poi deciso di donare la villa all’Associazione mondo comunità e famiglia, ma gli oggetti personali di Antonia sono stati tutti raccolti nelle due stanze della sua cameretta all’ultimo piano del palazzo. Nel 2012, in occasione del centenario della nascita, grazie all’impegno dell’Assessore alla Cultura Nicoletta Orlandi, il comune di Pasturo ha creato un itinerario en plein air chiamato “Antonia Pozzi – il percorso poetico di un territorio”: si tratta di una mostra costituita da 22 pannelli di varie dimensioni che riportano una selezione accurata di poesie, passi di diario o stralci di lettere accostati a fotografie scattate dalla stessa poetessa o che la ritraggono nei suoi “momenti pasturesi”. Il percorso si può seguire tramite un’applicazione scaricabile gratuitamente qui www.comune.pasturo.lc.it. .
FONTI & LINK:
[1] Antonia Pozzi un suicidio annunciato, di Francesco Erbani. La Repubblica 12/06/1999
[2] ilgrinzone.it/pittore-carpi
[3] sul funerale di Antonia Pozzi a Pasturo c’è questo articolo molto dettagliato ilgrinzone.it/i-funerali-di-antonia-pozzi-a-pasturo.html
[4] uninsubria.it
Sito Ufficiale: www.antoniapozzi.it
Per altri riferimenti bibliografici avevo scritto un breve articolo qui:
ESTERNO:
La villa è circondata da un grande giardino dal cui cancello sul retro si accede direttamente alla Grigna. Al piano terreno si trovavano le cucine, il garage e le scuderie; ai piani superiori le camere e i salotti che si affacciavano sulla veranda coperta. Proprio all’ultimo piano si trova lo studio di Antonia.
PRIMA SALA:
Sono qui raccolte le foto di famiglia, i documenti del padre e alcuni oggetti di casa Pozzi. Negli armadi sono invece custodite tutte le pubblicazioni sulla Pozzi. Nelle vetrinette sono esposti vari oggettini di Antonia, in particolare souvenir di viaggio provenienti da tutto il mondo e che la ragazza collezionava sin da piccola.
disegni
souvenir il libro verde al centro è “Parole”, la prima raccolta di poesie pubblicata postuma dal padre nel 1939
SECONDA SALA:
Questa è la camera personale di Antonia, così come riporta il nome sulla porta a cui aveva affisso un piccolo orso di Berna. Sono custoditi qui i suoi oggetti privati come bambole e orsacchiotti di quando era bambina, ma anche gli sci e l’attrezzatura di montagna, ritratti di persone a lei care, fotografie da lei scattate o acquistate durante i viaggi e al centro il “vecchio tavolo” che guarda la finestra e quindi la Grigna.
CORRIDOIO:il ritratto ovale è di Aldo Carpi,lo stesso pittore degli affreschi nella chiesa (vedisotto) disegni di Antonia a 12 anni
IL PERCORSO ANTONIA POZZI:
Il percorso si snoda tra le vie del paese, nei luoghi amati dalla poetessa, cantati nelle sue Parole o immortalati con la macchina fotografica. Fanno parte del percorso: la casa di villeggiatura della famiglia Pozzi, dove è collocato un cartello che riproduce una fotografia scattata sotto il porticato nel giugno 1935. In essa Antonia Pozzi è con gli amici “banfiani”, ossia alcuni compagni del Corso di Estetica tenuto dal professore Antonio Banfi, alla Regia Università di Milano; il lavatoio (3), che si raggiunge dopo aver attraversato uno stretto sentiero lungo il torrente Cariola, che scorre a fianco della casa; il cancelletto (4), al limite del grande giardino, dal quale la poetessa era solita uscire per inoltrarsi nelle vie della natura, tra boschi e montagne, per raggiungere la Grigna – anche al chiarore delle notti di luna piena – cantata nei suoi componimenti; le fontanelle (6, 9, 16), tra i vicoli di Pasturo, alle quali, chiunque si avvicini, può trovare ristoro e frescura per il corpo e per l’anima, grazie all’acqua delle sorgenti e alla purezza della poesia; la scuola materna “Antonia Pozzi” (11, 12), dove si trova un cartello con la fotografia dei bimbi che mangiano la minestra e il testo della breve, ma intensa, poesia Parole; il sepolcro, nel cimitero di Pasturo (18), nella zolla di erba scelta dalla stessa poetessa come sua ultima dimora.
Il percorso con le suggestioni che evoca, riconduce all’affetto che Antonia nutrì per Pasturo e i pasturesi, con i quali visse un rapporto di vicinanza profondamente umana. Il visitatore raccoglie da esso l’emozione tangibile del legame della poetessa con il paese.
1.Bontà Inesausta
(Viale Trieste,parcheggio) 3.Rossori
Lavatoio, via Cantellone4.Lettera a Tullio Gadenz
Cancelletto Casa Pozzi, via Cantellone
5.La Terra
Cinema Bruno Colombo, via A. Manzoni
6.Acqua Alpina
Fontanella, via A. Manzoni
7.Largo
Chiesa Madonna della Cintura, piazza Vittorio Veneto
8.Un Destino
Piazza Vittorio Veneto
9.Certezza
Fontanella, via Cesare
10.Notturno Invernale
Via Pigazzi
11.Cappelletta Chiaravalle
Giardinetto interno asilo Antonia Pozzi
12.Pudore
Asilo Antonia Pozzi, viale IV Novembre
13.Cappelletta Angelus della Sera
Viale IV Novembre15.Preghiera
Chiesa Parrocchiale S.EusebioAll’interno della chiesetta si trovano le due grandi tempere dipinte da Aldo Carpi su commissione di Roberto Pozzi:
“Il funerale della Vergine”: Maria è trasportata a spalle da alcuni apostoli, seguiti e preceduti da una lunga teoria di fedeli. In primo piano, sulla destra, si distinguono le figure dei donatori, l’avvocato Pozzi e la moglie;
“Sinite parvulos…”, collocata sulla parete di fronte alla prima, raffigura al centro il Salvatore con gli apostoli. Davanti a Lui un gruppo di bimbi e, più sulla destra, alcune mamme con in braccio i loro fanciulli. Nella giovane donna che presenta al Signore altri tre bambini, si riconosce il volto di Antonia Pozzi. Il paesaggio sullo sfondo è con tutta evidenza ispirato a Pasturo e alla Valsassina.
16.Voce di donna
Fontanella a lato della chiesa parrocchiale
17.Novembre
Esterno cimitero, via don Riccardo Cima
18.Diari
Tomba di Antonia Pozzi
la scultura dal titolo Cristo delle Beatitudini è un’opera in bronzo dello scultore Giannino Castiglioni (Milano, 1884 – Lierna, 1971).
5 Commenti a “La Casa di Antonia Pozzi a Pasturo, Lecco”
Complimenti per l’articolo. Anche a me piacerebbe poter visitare la casa di Antonia Pozzi. Hai anche pernottato a Pasturo?
Io personalmente no, ma se abiti lontano te lo consiglio. Per la visita prendi prima contatti con il comune!
Bellissimo articolo, chiaro ma molto esplicativo. Grazie e complimenti!
Grazie a lei per l’attenzione!
Grazie.