Dove: Via Cavour, 15, 00187 Roma RM
Website: www.romehotelmediterraneo.it
Roma anni ’30. Si pensa immediatamente all’Eur, al Colosseo Quadrato o al Foro Italico, ma c’è un altro luogo al centro di Roma che conserva intatto tutto lo splendore di quegli anni. Se l’ex Hotel Ambasciatori, con gli affreschi di Guido Cadorin, è il luogo della dolce vita anni ’20, l’Hotel Mediterraneo invece è un esempio perfetto di art déco, l’unico a Roma che conserva negli interni questo stile originale.
Tale miracolo si deve alla famiglia Bettoja, che comprò questo albergo negli anni ’30 e lo ha conservato nei minimi particolari fino ad oggi. Della catena Bettoja fanno parte tre hotel, tutti su via Cavour, e tutt’oggi di proprietà della famiglia guidata da Maurizio Bettoja, l’erede appassionato della dinastia dei proprietari. «È un caso raro», spiega Francesco Prosperetti della Soprintendenza «di cura consapevole di un bene monumentale che è appartenuto sempre alla stessa famiglia e mantenuto in una condizione di fruibilità eccellente. Il vincolo è un riconoscimento della loro grande capacità di conservare».
Il Massimo d’Azeglio
La storia della famiglia Bettoja è strettamente connessa alla storia d’Italia. Nel 1875, e cioè a cinque anni dalla creazione del Regno, il mercante di vini Maurizio Bettoja, di origine piemontese, acquistava un’antica osteria nei pressi della basilica di Santa Maria Maggiore. Aperta nel 1600, in occasione dell’Anno Santo, la taverna fu ampliata e rinnovata, e intitolata a Massimo d’Azeglio, il grande statista e artista piemontese e di cui nel ristorante si conservano alcuni dipinti.
Alcune foto storiche mostrano gli interni molto eleganti, in perfetto stile fin de siécle, e che tutt’ora si conservano: la sala è ricoperta da boiserie con incastonati dei rilievi in bronzo, opere di Alfredo Biagini. Da semplice osteria, il Massimo d’Azeglio divenne un grande ristorante e man mano che la struttura si allargava fu chiamato personale da Novara, la città d’origine dei Bettoja. Anche per questo il ristorante ha mantenuto la tradizione della cucina piemontese, con piatti anche molto poveri come il budino di pane, che allora si faceva con il pane avanzato dal giorno precedente, il latte, le uova e i canditi.
Fu frequentato e apprezzato negli anni dai tanti ospiti illustri, quali Pietro Mascagni, il Generale Diaz, Louis Armstrong e Pier Paolo Pasolini. Col tempo la famiglia acquistò anche l’intero palazzo, che trasformò in un albergo di 185 camere tutt’oggi in funzione.
Durante la guerra, nei suoi sotterranei, la famiglia Bettoja diede rifugio a tanti ebrei, proprio mentre il ristorante veniva occupato dai soldati nazisti.
Oggi a Roma è uno dei pochissimi ristoranti storici fine ‘800 ed è membro dei Locali Storici d’Italia.
foto storica del Ristorante Massimo d’Azeglio
L’Atlantico
Nel 1933 Bettoja costruì, proprio di fronte al Massimo d’Azeglio, un albergo dallo stile più moderno, demolendo l’ex albergo Liguria di cui era sempre proprietario: l’Hotel Atlantico. Il progetto fu affidato a Mario Loreti, architetto razionalista molto attivo durante il ventennio e che a Roma aveva già progettato altri palazzi di corso Trieste, via Chiana, piazza Bologna.
L’Albergo Atlantico, rispetto agli altri due, oltre ad essere più piccolo (65 camere) è meno sontuoso e sofisticato, non aveva grandi saloni o ristoranti, ma al piano terra aveva due sale di lettura e una di scrittura, una sala delle colazioni e un bar. Gli esterni sono semplici, lisci e rivestiti in pietra di diversa colorazione. Era collegato al Mediterraneo da una preziosa scala lignea costruita negli anni Trenta.
Ristorante Massimo d’Azeglio oggi
Il Mediterraneo
Il Mediterraneo fu l’ultimo e più ambizioso hotel della catena Bettoja, costruito tra 1936 e il 1942 al posto del precedente albergo Lago Maggiore, esistente dal 1880. Anche questo progetto fu affidato a Mario Loreti che ne curò l’arredamento interno, in perfetto stile razionalista e sontuosamente arredato con mobili e oggetti realizzati dai migliori artisti e artigiani romani dell’epoca.
La sua costruzione rientrava nel progetto fascista di monumentalizzazione della Stazione Termini, che sarebbe dovuta diventare la più grande stazione d’Europa, in vista dell’Esposizione Universale di Roma prevista per il 1942. Molti degli artisti e decoratori dell’hotel lavorarono infatti anche all’Eur, tra cui Achille Capizzano, che aveva lavorato per il Foro Italico e lavorerà anche per l’Eur.
L’hotel fu fortemente voluto da Mussolini, che desiderava avere un albergo di prim’ordine per i viaggiatori che arrivavano dalla Stazione, fu lui a proporre di cambiare il nome “Lago Maggiore” con qualcosa di più italico. Si scelse per questo “Mediterraneo”, che doveva anche evocare il viaggio in mare, l’arredamento infatti ricorda le atmosfere di una nave.
Furono concesse numerose deroghe al piano regolatore, in primis quella per l’altezza dell’edificio (50 metri); lo Stato espropriò le facciate di Via Cavour e Via Amendola. Con 243 camere, all’epoca era un hotel enorme, interamente coperto di marmo (fu esaurita una cava intera) dotato di ogni confort e avanguardia, come l’aria condizionata; con i suoi dieci piani dominava la città.
La decorazione degli interni fu particolarmente sofisticata e ricca: antichi busti marmorei, mosaici, tarsie lignee, una gigantesca mappa del Mar Mediterraneo dipinta su pergamena; ambienti imponenti, illuminati da appliques di vetro di Murano e lampadari disegnati da Giò Ponti per Fontana Arte, tutt’ora presenti nelle sale dell’hotel. Tra i primi ospiti ci furono molti soldati americani, ma anche Irving Berlin e il cast di This is the army.
L’hotel oggi, tutt’ora funzionante con le sue 243 camere, rappresenta il miglior esempio di struttura alberghiera degli anni trenta a Roma. Da quest’anno si è arricchito di un nuovo spazio, il bar panoramico Ligea Louge Bar all’ultimo piano, con una terrazza che offre una visione di Roma quasi a 360 gradi, aperta anche agli ospiti esterni.
foto d’epoca della sala ristorante del Mediterraneo con i lampadari di Gio Ponti
FONTI:
rerumromanarum.com
La Repubblica, Marmi, cristalli e ori l’ultimo vincolo che protegge il Mediterraneo, di Paolo Boccacci.
La Repubblica, Da un’ osteria a cinque hotel Bettoja, la forza del clan, di Romana Liuzzo
Ringrazio infine il gruppo Bettoja e Kiter Rubino.
La Hall:
Chi entra nella hall si troverà accolto da un monumentale spazio, ricoperto di marmo bardiglio e decorato con legni pregiati, busti di imperatori e poltrone in velluto. A sinistra si trovano due ascensori, sormontati da mosaici di Achille Capizzano, che raffigurano la storia di Ulisse.
Sala del camino
Superati quattro gradini, si apre la sala comune illuminata da grandi lampade déco. In fondo, si nota il bellissimo camino circondato da marmo verde e, sulla cappa, un intarsio di legno raffigurante Prometeo sempre ad opera di Capizzano, su disegno di Loreti. Altre due tarsie si trovano nelle sale adiacenti.
Sala delle mappe
Dalla sala del camino, girando a sinistra, si entra nella Sala delle Mappe, che si affaccia su Via Cavour. Si chiama così perché una parete ospita una grande mappa del Mar Mediterraneo, circondata da segni zodiacali, dipinta a tempera su pergamena da Capizzano. Una cosa simile si trova anche nel Palazzo dell’Aeronautica a Roma, versione moderna delle Sala delle mappe Musei Vaticani. Nel salotto è anche esposto l’Orologio sulle onde, di alluminio e ebano.
L’altra parete è occupata da un grande pannello intarsiato di legno con l’ “Allegoria della Scrittura attraverso la Storia” dello stesso artista. Tutta la sala è percorsa da un bel fregio in stucco con raffigurazioni marine. Alcune poltrone mantengono la tappezzeria originale dell’epoca, con disegni realizzati apposta per l’hotel.
Sala del bar 21
A destra della sala del camino si entra nel “Bar 21”. Anche qui c’è un intarsio a firma Achille Capizzano, che fungeva anche un po’ da insegna per il ristorante Taverna, a cui si poteva accedere dall’esterno. Raffigura un rebus, tutt’oggi insoluto. Alle pareti si possono ancora vedere i pulsanti che i clienti potevano spingere per chiamare il “servizio bar”.
Nella sala bar colpisce il meraviglioso bancone, realizzato sempre su progetto di Loreti, con mosaici di Franco D’Urso e cristalli Venini. Alcuni dettagli, come ad esempio gli sgabelli, ricordano l’arredamento navale. Alla decorazione dell’hotel partecipò anche l’architetto Gustavo Pulitzer Finali con la creazione di un lampadario.
Pulitzer Finali è stata una delle figure di maggior rilievo nell’architettura navale dell’inizio del XX secolo. Con Ignazio Guidi e Cesare Valle sviluppò l’idea e l’evoluzione della città di Carbonia, in Sardegna, voluta dal regime fascista nella seconda metà degli anni trenta. È stato uno dei maggiori progettisti di interni navali del suo tempo, esponente di punta della scuola triestina, più propensa ad uno stile contemporaneo, in contrasto con quella genovese più incline al classicismo “britannico” ; a lui si devono realizzazioni d’avanguardia come la motonave Victoria.
Sala Taverna
Dal bar si accede a quella che oggi è la sala delle colazioni, all’epoca ristorante “Taverna 21”. Qui domina il motivo del mare, a cominciare dal pavimento, in ceramica di Vietri dipinta a mano che vuole imitare le onde. Il ristorante doveva dare la sensazione di entrare in una nave, concorrono a questa immagine le travi di quercia sorrette da mensole a forma di sirene e tritoni che osservano gli ospiti; in basso corre una boiserie di legni intagliati. Al centro due grandi lampadari circolari di bronzo, decorati da sirene con lanterne, pendono dal soffitto; sulle pareti delle appliques di bronzo con due sirene contribuiscono ad illuminare l’ambiente.
Questa sala, recentemente restaurata in modo da essere simile in tutto e per tutto al ristorante Taverna, è stata aperta da poco. Prende il nome dal mosaico sulla parete, ad opera di Capizzano e raffigurante San Giorgio, proveniente dall’Hotel Atlantico.
Ex sala da pranzo
Un’altra sala al piano terra, oggi usata come centro conferenze, era in origine un ristorante, decorata da un mosaico con una scena di caccia di ispirazione medioevale di Achille Capizzano. I lampadari in vetro di Murano furono realizzati dall’azienda Luigi Fontana e C. su disegno di Gio Ponti.
Scala
La scala principale è il capolavoro di Loreti, caratterizzata da monoblocchi di marmo calacatta delle Alpi Apuane, con ogni rampa e ogni piano costruiti come pezzi unici fino al decimo piano e balaustra di colonnine di marmo rosso levanto. I corridoi dei vari piani sono decorati da tappeti con onde e acronimi dell’Hotel Mediterraneo.
Le camere:
Alcune camere mantengono gli arredi e la boiserie originale, altre sono state fatte in stile.
Ligea Lounge Bar
All’ultimo piano dell’hotel si trova una grande terrazza panoramica, con un segnavento dorato a forma di sirena. Da qui si può ammirare Roma dall’alto per una vista di quasi 360 gradi. Da qualche mese è stato aperto il Ligea Lounge Bar, un ambiente elegante con divani in velluto e dettagli dorati, oltre che piante tropicali e sedie e poltrone déco originali.
Sala interrata:
Le tre entrate: