L’ Hospital de la Caridad può essere considerato la concretizzazione architettonica della vita di Miguel Mañara (1627-1679). Dal chiostro bianco e puro, al giardino segreto in fondo, alla piccola chiesa nera che trabocca di oro e decorazioni di morte, tutto il luogo sembra rispecchiare i tormenti dell’anima di quest’uomo, che passò da irredento dongiovanni e peccatore a fervente cristiano e timorato di Dio. O, almeno, questa è la leggenda. Sembra infatti che l’immagine del libertino seduttore senza morale, da cui Tirso de Molina si sarebbe ispirato per il suo Don Juan, non sia da riferirsi a Miguel Mañara, nato nel 1627 e cioè solo tre anni prima dell’opera di Tirso.
Una conversione, però, ci fu davvero nella vita di Miguel. Quando sua moglie morì, nel 1661 lasciandolo senza figli, fu pervaso da una profonda crisi mistica che lo portò a ritirarsi dal mondo per cinque mesi. Dapprima si ritirò in solitudine in un eremo nel Deserto de las Nieves e poi, tornato a Siviglia, condusse una vita di penitenza e preghiera. Per caso un giorno incontrò il Fratello Maggiore della Confraternita della Carità, don Diego de Mirafuentes e, dopo aver parlato con lui, decise di unirsi alla Confraternita che diventerà, da lì in poi, la sua unica occupazione. Sarà sotto la sua direzione, infatti, che la Confraternita ingrandirà la sede, trasformandola in Ospedale, e amplierà le sue missioni.
La Hermandad de la Santa Caridad esisteva già dalla metà del XV secolo ed aveva come scopo quello di seppellire i corpi di coloro che erano stati messi a morte o di coloro che annegavano nel fiume e i cui corpi non venivano reclamati. L’edificio esisteva già da prima della conversione di Miguel, ma fu lui, divenuto Fratello Maggiore nel 1663, a interessarsi del suo ingrandimento. Fu lui inoltre a decidere l’impianto iconografico su cui l’intera chiesa doveva essere decorata. Scelse il tema del memento mori: la chiesa avrebbe mostrato attraverso le sue opere l’illusione delle vanità terrene, culminando con l’esaltazione della missione della confraternita, ovvero la sepoltura dei morti, simbolizzata dal corpo di Cristo rappresentato nell’altare maggiore. Molti degli artisti del Siglo de Oro vennero chiamati a partecipare: Juan de Valdés Leal, Bartolomé Esteban Murillo, Pedro Roldán, Bernardo Simón de Pineda.
Sono contenute in questa chiesa le pitture più famose dell’artista Juan de Valdés Leal dai due titoli apocalittici In ictu oculi e Finis Gloriae Mundi, rappresentanti rispettivamente una visione orrorifica del trionfo della morte la prima e l’inevitabile giudizio dell’anima con tanto di bilancia la seconda. In altre stanze sono contenute varie memorabilia del personaggio, come la spada, la regola da lui scritta e la maschera funebre.
Prima di morire lasciò questo testamento: «Io, don Miguel Mañara, cenere e polvere, miserabile peccatore, per la maggior parte della mia vita ho offeso l’altissima maestà di Dio mio Padre […]. I miei peccati e le mie infamie sono senza numero e solo la grande saggezza di Dio li può nominare, la sua pazienza infinita sopportarli e la sua infinita misericordia perdonarli. Sul mio sepolcro si metta una pietra con questo epitaffio: qui giacciono i resti del peggior uomo che ci fu al mondo. Pregate per lui»
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Miguel Mañara reading the rule of the Hermandad de la Caridad by Valdés Leal, 1681
J. Valdés Leal, In ictu oculi (1672)
J. Valdés Leal, Finis Gloriae Mundi, 1672