Nel raccontare la storia di Gerda Wegener e di suo marito Einar veniamo un po’ in ritardo, quando ormai l’uscita del film che racconta le loro vicende, ‘The Danish girl’ ha reso la loro storia quanto mai popolare. Ad ogni modo ci piace interessarci di questi personaggi non solo per l’eccentricità che traspare dalle loro vite, ma soprattutto perché in queste l’arte è protagonista.
Come molti artisti attivi tra gli anni 1910-30 (ricordiamo per affinità artistiche le vicende di Jeanne Mammen, Dodo, Tamara de Lempicka) anche Gerda Wegener è passata di moda e, a partire dagli anni ’40 in poi, è caduta nel dimenticatoio, per essere poi riscoperta soltanto a partire dagli ultimi decenni.
Ricordiamo che uno dei primi ad interessarsi alla storia di Gerda e Einar Wegener fu Corrado Farina,
che ne scrisse forse il primo articolo in italiano sulla rivista Charta (Corrado Farina, Parigi o cara. Gerda Wegener e l’erotismo de luxe, “Charta”, n. 97, 2008, pp. 64–67).
La prima parte della storia si può leggere qui.
La vie parisienne
1912. I Wegener si sono da poco installati a Parigi che da subito si sentono a casa. Dimenticano la Spagna e si lasciano trasportare dal vortice delle relazioni artistiche e dai divertimenti – con cautela, ché il cambio non è per nulla favorevole per i danesi, i quali usano ritrovarsi al Caffé de Cluny, boulevard Saint-Michel: i pasti sono abbondanti e i prezzi modici. Gerda comincia a disegnare qualche copertina per alcuni libri danesi, avendo mantenuto alcuni contatti a Copenaghen. Presto però troviamo caricature e illustrazioni a sua firma su Montjoie! (una rivista d’arte diretta dall’amico Ricciotto Canudo). Quando scoppia la guerra Gerda desidera dimostrare appieno la propria integrazione nella società francese e disegna caricature anti-tedesche per la Baionnettee Le Rire; al contempo collabora con la rivista teatrale e letteraria Fantasio.
Anche se il suo stile non è influenzato dalle violente avanguardie francesi, disegni e dipinti si fanno poco a poco più stilizzati, decorativi, alla moda. Non trascorre molto tempo prima che le signore dell’alta società facciano a gara per avere il proprio ritratto dipinto dall’eccentrica artista. Al contempo Einar, perso in una vaga depressione, ha smesso di dipingere e aiuta la moglie come può, mantenendo i contatti e dandole una mano in quei frangenti della creazione artistica che non necessitano sempre di una sola mano. Continua a travestirsi per dare modo a Gerda di ritrarlo: la serie di ritratti di Lili si vende bene, e l’accoppiata vincente Gerda-Lili riscuote il clamore sperato. Anche se sono ancora pochi a conoscere il segreto della silenziosa modella…
La Vie parisienne, L’Illustration, Vogue sono praticamente ai piedi di Gerda. Il benessere economico torna a bussare alla loro porta e li sorprende in uno spazioso atelier di rue du Champs de Mars, sotto la Tour Eiffel. Lili torna a galla più intraprendente di prima: lei e Gerda escono di nuovo la sera insieme nei locali di Montmartre, alle feste in maschera, ai balli degli artisti, fanno shopping (Lili aveva lasciato a Copenaghen il suo guardaroba) e il gioco ricomincia, sempre più seriamente. Einar, con Lili come valvola di sfogo, esce in giornata a dipingere i ponti e le vedute di Parigi. Una sera incontrano Guillaume Apollinaire: Gerda lo trova eccezionale, e gli rivela il segreto di Lili: “Sa chi è la mia modella?” e gli indica Einar, seduto là accanto. Lui, confuso, tenta di far sorridere il poeta e risponde “Ya ya! Pariserstrasse…” – senza sapere che la Pariserstrasse è, a Berlino, la zona dei cabaret gay. Gerda è imbarazzata, e il giornalista di Aux Ecoutes presente all’incontro è perfidamente deliziato.
Lili con Elna Tegner, moglie dello scultore svedese Rudolph Tegner
Un giorno d’estate, 1927, olio su tela
(Wegener come Einer dietro il cavalletto e come Lili nuda in primo piano; alla fisarmonica la moglie dello scultore svedese Rudolph Tegner)
Gerda Wegener, Les Délassements d’Éros, 1925:
Louis Perceau (1883-1942), uno scrittore francese noto per i suoi poemi erotici, chiese a Gerda Wegener di illustrare il suo libro di poesie erotiche “Douze Sonnets Lascifs”, pubblicato nel 1925. Gerda realizzò 12 acquerelli che accompagnavano tutte le 350 copie del libro.
Capri
La coppia parte in vacanza a Capri, paradiso gay lussureggiante dell’epoca: forse che volessero seguire le tracce di Oscar Wilde? Quel che è certo è che i personaggi bizzarri non mancavano: il barone svedese Jacques Fersen, esteta di razza, fuggito da Parigi perché accusato di “immoralità”, vive a Villa Lysis come un principe rinascimentale assieme al suo giovane amante Nino Cesarini. Dodo Benson, Somerset Maugham e John Ellingham vivono là il loro triangolo amoroso. E Lili non si fa pregare per uscire perfino di giorno, adulata da schiere di esteti abbronzati. Gerda le trova un cognome: Courtaud.
Tornati a Parigi, Gerda è oberata di lavoro, mentre Einar può rilassarsi: la Danimarca non partecipa alla guerra e lui può tornare a vestire i panni di Lili. Questa si fa sempre più invadente, capricciosa, desiderosa di attenzioni. Einar, in quanto marito e uomo, è diventato niente meno e niente più che il miglior amico di Gerda, la quale dal canto suo è discretissima circa le sue probabili avventure sentimentali. Einar è oramai diventato il corpo “sbagliato” nel quale vive Lili, un involucro sempre più scomodo. Gerda lo lascia fare: Einar è un marito perfetto, Lili è la sua migliore amica.
È durante una vacanza a Beaugency che Lili fa la conoscenza di Claude (così almeno lo chiama nelle sue memorie), affascinante parigino da subito stregato dallo charme di Lili; questa non rimane indifferente, e Claude entra nella coppia in quanto amico e spasimante. Lo ritroviamo in certe tele di Gerda, accanto a Lili, nelle quali, a volte, appare anche l’artista. Quando Claude domanda chi è Lili, questa risponde invariabilmente essere la sorella di Einar; e quando Claude incrocia, ogni tanto, Einar, si dimostra timido e scostante. Claude è forse il primo uomo eterosessuale ad interessarsi a Lili non in quanto travestito, ma in quanto vera donna. Einar/Lili, che non si considera gay, è positivamente sconvolto dagli eventi. Nelle tele di Gerda, Lili è di volta in volta elegante parigina, sensuale femme fatale, donna alla moda, garçonne liberata: qualunque posa prenda, ci stupisce e ci affascina con la sua ultra femminilità, flagrante e senza complessi.
Einar Wegener, Vedute di Capri
Lili e Gerda, Verso Anacapri, 1922, olio su tela
Gerda Wegener, Air de Capri, 1923
Gerda Wegener, Le due amiche, 1921
Ancora Parigi
Nel 1922, i Wegener lasciano Parigi il tempo di una visita a Copenaghen, dove Gerda è invitata ad esporre. Là visitano la madre di Gerda (il padre è deceduto da tempo), poi vanno a visitare i genitori di Einar: lui non ha voglia di andarci, perciò manda Lili al suo posto. La finzione diverte molto la coppia, ma spaventa i genitori quando Lili si spoglia dei trucchi e rivela la sua vera identità: il coming out riesce male, dacché i genitori li cacciano seduta stante. Copenaghen non è cambiata: i giornali tornano ad attaccare Gerda e la sua “arte mefitica”, e lei si vendica pubblicando un articolo ironico sulle brutture della Danimarca in una rivista parigina. Il successo della pittrice giunge al culmine durante l’Esposizione delle Arti Decorative del 1925, summa sublime dell’eleganza e della raffinatezza artistica degli anni Venti. Il padiglione danese la snobba, allora è quello francese ad invitarla ad esporre, vincendo così la medaglia di bronzo, d’argento e d’oro – tutte allo stesso tempo.
Nel 1926 Gerda ha quarant’anni. Il successo l’ha un po’ viziata, ha la sua corte di adulatori, e probabilmente qualche amante. Lili le è sempre accanto, pronta a divertirla e a riordinare l’appartamento. Einar dipinge oramai macchinalmente, senza piacere, lasciando sempre più spazio a Lili: Gerda, a dispetto delle frecciatine del suo entourage, incoraggia amorevolmente un processo che è una delle poche a comprendere. Nei ritratti di questo periodo, Lili appare frequentemente assieme all’amica danese Ulla Poulsen, star del balletto, divenuta nel frattempo amica intima dei Wegener: laddove Lili rappresenta la potenza e l’erotismo femminile, Ulla controbilancia con la dolcezza e la rassegnazione tipica del bel sesso.
Gerda Wegener, Regina di cuori, 1928.
Ritratto della ballerina Ulla Poulsen, 1927, olio su tela
Copertina illustrata da Gerda Wegener per la rivista danese “Vore Damer”, 19 October, 1927
Cambio di sesso: rinascita e morte
Nel frattempo Einar è sempre più disperato. Oltre che passare le sue giornate ad ascoltare musica, legge tutto quanto può trovare sulla sessualità deviata. La lotta tra Einar e Lili è conclusa: la ragazza desidera oramai un corpo tutto suo; si trova incompleta, sbagliata, praticamente deforme. Gerda incoraggia allora il marito a consultare dei medici, un suggerimento accolto con gratitudine. Ma le consultazioni si avverano deludenti quando non inquietanti. Per cambiare aria, la coppia si trasferisce a Roma in piazza di Spagna, dove Gerda si fa amabilmente corteggiare dall’aviatore Fernando Porta. Einar, depresso, finge di non accorgersi dell’intrallazzo della moglie, ma è felice di rientrare a Parigi per farsi visitare da un famoso ginecologo tedesco. E’ il 1930: Fernand Warnekros è uno dei pochi medici ad interessarsi seriamente ai casi di transessualità: dichiara che Einar è ermafrodita (presenta nel proprio corpo gli organi di entrambi i sessi, sottosviluppati), e crede di poterlo aiutare con un’operazione. Einar è al settimo cielo: è al corrente che un’altra persona prima di lui aveva già subito, nel ’22, un’operazione simile (si tratta di Dorken Richter, che , dopo diverse operazioni chirurgiche cambiò definitivamente sesso nel 1932 ma morì un anno dopo) ed è fiducioso nei metodi del buon Warnekros. Del resto, è la sua unica speranza.
Gerda lo accompagna alla stazione, dove Einar prende un treno per Berlino: là, nella clinica del medico, viene castrato senza complicazioni. La seconda operazione, più complessa, consisterà nel trasformare il pene in vagina: una chirurgia plastica non ancora perfettamente messa a punto, ma che dona speranza a quei pochi che non riescono a vivere altrimenti. Parte allora per Dresda in una pacifica clinica al bordo del lago, e dopo una lunga consultazione con il celebre Magnus Hirschfeld (sessuologo famoso per i suoi studi sull’omosessualità trattata non come malattia ma come stato di cose – la sua clinica verrà rasa al suolo dai nazisti), attende paziente il giorno in cui i chirurghi sapranno dar nascita a Lili.
Gerda raggiunge il capezzale del marito pochi giorni dopo il suo ingresso in clinica. A dire dei medici, Einar ha nel corpo, fin dalla nascita, delle ovaie atrofizzate; pare perfino sanguinasse dal naso una volta al mese (particolari sorprendenti ma impossibili da confermarsi). L’operazione consiste a impiantargli non solo un nuovo sesso ma anche delle nuove ovaie, provenienti da una giovane donatrice. L’operazione dura diverse ore: Einar ne esce fisicamente provato, tormentato da dolori atroci e da anestetici che lo fanno delirare. Gerda nota nel suo diario d’aver perso Einar e di aver ritrovato la “sua Lili” trasfigurata, pura, quasi bambina. Lili è ora una vera donna, la prima ad essere nata dal bisturi di un chirurgo: il suo nuovo nome è Lili Ilse Elvenes (il nome “Elbe” non fu mai utilizzato: Einar lo aveva inventato solo per la sua autobiografia, nella quale cambia il nome di tutti i protagonisti).
Gerda è costretta a tornare a Parigi, mentre Lili resta convalescente in clinica; un problema “tecnico” costringe i dottori a una terza operazione: il corpo di Lili ha rigettato le ovaie. La ragazza (è il caso oramai di definirla tale) viene salvata in extremis da una situazione che avrebbe potuta ucciderla. Ora sta molto meglio, tanto che parte con Gerda in vacanza a Berlino: Lili è affascinante, seducente, emozionata. Fernando Porta diventa lo spasimante ufficiale di Gerda con il benestare ufficiale di Lili: anzi, lui e Gerda divorziano poco dopo, il re di Danimarca avendo annullato il matrimonio (per qualche mese, Lili e Gerda furono la prima coppia di donne sposate di Danimarca!). Era l’ottobre del 1930. Tornati in Danimarca, a contatto con i famigliari che rifiutano categoricamente l’accaduto e l’ambiente danese ostile, Gerda si fa raggiungere da Porta e iniziano finalmente a vivere un idillio in forma di triangolo, dacché Lili non è ancora adatta a vivere sola nel mondo. I tre si lasciano, si ritrovano a più riprese con drammi e pacificazioni varie: com’è facile immaginare, il bizzarro triangolo è tormentato da sentimenti nuovi e contrastanti. Poi, un giorno, il misterioso Claude Lejeune riappare: da sempre innamorato di Lili le chiede ora di sposarlo. Lili ne è felice e ha un’idea folle: farsi impiantare un utero capace di renderla madre: solo così, dice, potrà sposare l’amato Claude. Il dottor Warnekros compie l’operazione il 18 Giugno 1931; Gerda ne è totalmente all’oscuro e vive con Porta a Roma dove attende la venuta di Lili e Claude. Ma Lili non arriva. E’ Claude finalmente a confessare della nuova operazione di Lili: la quale giace esanime in un lettino della clinica di Dresda. Gerda ha appena il tempo di raggiungerla che il 15 Settembre 1931 Lili Elvenes muore: l’utero impiantato era imputridito all’interno del suo corpo. Viene inumata al cimitero della clinica.
Lili Elbe con Claude Lejeune
Einar ‘Lili’, 1930Lili nel 1930, tra la seconda e terza operazione
La fine di Gerda
Il seguito della storia risulta sicuramente meno avvincente. Gerda abbandò Parigi per sempre e raggiunse Fernando Porta a Marrakech dove esercita la professione di diplomatico; si erano sposati nel frattempo. La stella di Gerda finì per impallidire: gli editori non la contattavano più, i suoi ritratti non piacevano, i ricchi non erano più ricchi come una volta. Abbassare le tariffe della metà non servì a molto. Fernando perse il lavoro (una legge fascista imponeva agli ufficiali italiani all’estero di non poter più essere diplomatici), e alcune edizioni riviste e corrette dell’autobiografia di Einar erano nel frattempo state pubblicate in Francia e tradotte in inglese senza che le venisse versato un centesimo. Rostand ne fece perfino un romanzetto nel ’33, La Femme qui était en lui. I problemi finanziari dei Wegener-Porta finirono per spezzare il matrimonio e Gerda credette trovare rifugio prima a Copenaghen, dove sua madre moriva, poi a Roma. Aveva quasi cinquant’anni e credeva potersi rifare una vita in una città oramai in mano ai fascisti piuttosto imbarazzati dal passato della pittrice. Due anni inconcludenti a Roma la costrinsero a tornare nell’odiata Copenaghen: distrutta, ancora inconsolabile della morte di Lili, visse una vita da reclusa nel quartiere proletario della città, senza soldi e rifiutando di vedere gli amici. Il dramma si fece insostenibile dopo il 9 aprile 1940: i nazisti occuparono il Paese, nonostante la neutralità politica del re Cristiano X.
Gerda non resisté a lungo: un infarto la spense il 20 Luglio. Non avremmo potuto credere ad una fine più triste e miserabile. Il funerale, breve a causa del calore estivo, vide presenti pochi amici e ancor meno membri della famiglia. Alcun museo danese possedeva una sola delle sue opere.
Gerda negli anni ’30, di fronte al suo ritratto di Alice O’Frederiks
Gerda Wegener, Eva Heramb, 1934.
Gerda Wegener, Ritratto di Maggi Baaring, 1934
Gerda Wegener, Signora con specchio , anni ’30
Gerda Wegener, Primavera, c.1938
Gerda Wegener 1885-1940, Madonna con bambino e angeli, 1935
Autoritratto di Gerda Wegener, inizi anni’30
Gerda Wegener, Les Femmes Fatales (1933)
Il romanzo e il film
E’ del 2000 il romanzo The Danish Girl di David Ebershoff, pubblicato dopo una progressiva riscoperta e rivalutazione delle opere di Gerda Wegener. L’omonimo film è uscito nelle sale cinematografiche nel 2016: esteticamente piacevolissimo, è particolarmente apprezzabile dal punto di vista della scenografia, dei costumi e della bravura impressionante degli attori chiamati a interpretare dei ruoli tanto tormentati. La storia originale è stata rispettata quasi completamente, salvo che in alcuni dettagli storici (Lili muore, nel film, immediatamente in seguito la seconda operazione) e sentimentali: la trama insiste molto sul fatto che Gerda incoraggiasse la transessualità di Einar solo per produrre più tele; il rapporto tra i due è reso molto più melodrammatico sebbene, in realtà, Gerda aiutasse e sostenesse positivamente il marito; infine gli si inventa un fantomatico migliore amico danese, residente a Parigi, che finisce per prendere il posto di Einar nel cuore dell’artista. Al di là delle risibili differenze sopra descritte, è un bel film che merita di essere visto. Varie critiche mosse dalle frange estremiste del movimento LGBT rimproverano al regista di non aver scelto un autentico transessuale per il ruolo di Einar. Personalmente mi permetto di dissentire e di dichiarare risibili simili argomenti: se vogliamo integrare esseri umani come Einar in seno alla società moderna, è bene sottolineare (come in un film come questo) che tali sorprese possono accadere a… chiunque di noi.
Bibliografia:
Grazie innanzitutto al bellissimo libro Indomptables, di Francesco Rapazzini (pubblicato in Francia nel 2013 dalle Editions Edite), nel quale la storia dei Gerda e Einar Wegener è narrata nei minimi dettagli, frutto di una ricerca approfondita e accuratissima.
Altri fonti sono state:
Niels Hoyer, Man into woman, Facsimile Publisher, 2015.
Maurice Rostand, La femme qui était en lui, Paris, Flammarion, 1933
AA.VV., Gerda Wegener, Portraitiste Danoise du Paris des années 20, Paris, Maison du Danemark, 2000.
2 Commenti a “Gerda Wegener e Einar ‘Lili’ Elbe (parte II)”
Grazie per l’articolo molto dettagliato e per le immagini dei quadri, ho appena visto il film, a mio parere stupendo per costumi e location ma un po’ troppo sentimentale.
Ho visto il film in televisione…. Sì, pregevolissimo formalmente… a parte qualche gestualità più nordamericana che europea…. Il regista è innamorato del volto del protagonista.
Quello che mi è dispiaciuto è che non si valorizzasse l’opera di lei, che a me interessa di più.
Trackbacks per le News