Folly café in Paris fin de siècle

by the photographer Robert Doisneau, 1952

C’era un luogo, nella Parigi di fine secolo, in cui era possibile passare in pochi minuti dal paradiso all’inferno, attraversando la morte.

Quale fu la febbre che dilagò tra i locali del quartiere Pigalle alla fine del 1800, appare davvero inspiegabile. Le poche fotografie rimaste ci danno una vaga idea di come questi luoghi singolarissimi, a metà tra il grottesco e il meraviglioso, dovevano sembrare all’epoca. Si trattava di locali e caffè arredati tematicamente e per la maggior parte ispirati al medioevo e a Rebelais, come il famoso Chat Noir, che lanciò la moda, o ancora l’Abbaye de Theleme, La fin du Monde, Le voyage à Lilliput, Cabaret Bruyant, Le Rat Mort, Le loup blanc, L’Ane rouge etc. Sulla stessa scia, ma lontani dalla moda medievale, nacquero nello stesso periodo il Cabaret de l’Enfer, il Cabaret du Ciel e il Cabaret du Neant.

Nello stesso quartiere in cui a pochi passi si trovava il Grand Guignol e il Moulin Rouge, la teatralità un po’ sopra le righe era sicuramente nell’aria. La moda dell’occultismo coinvolgeva nobili e borghesi e si potevano vedere, da qualche anno, brevissimi film muti. I corti di Georges Melies stupivano gli spettatori con le immagini in movimento e i primi effetti speciali, ancora un ibrido tra un cartone animato e un teatrino. Allo stesso modo questi locali, decorati in modo un po’ infantile e un po’ kitsch (non ricordano forse le grotte stregate di Disneyland?) offrivano la possibilità di illusione.

Una specie di posto magico in cui gli arredi grotteschi, a volte tenuti insieme nel più picaresco dei modi, e la farsa a metà tra il comico e il tragico, non facevano altro che aumentare il senso di precarietà.

La Belle Epoque, si sa, è belle perché è la fine di un’epoca. Della Bellezza restava solo l’illusione e l’età romantica si avviava verso il suo tramonto: “Bienheureux celui-là qui peut avec amour Saluer son coucher plus glorieux qu’un rêve!”

sources: alamantra.wordpress.com; www.montmartre-secret.com; users.telenet.be; chez-edmea.blogspot.it

L’antre des esprits (The Magician’s Cavern or The Spirits’ Lair), G. Melies, 1901

by the photographer Eugène Atget

Il Cabaret de l’Enfer fu aperto, insieme al Cabaret du Ciel, nel 1896 dallo stesso proprietario, tale Antonin, creatore anche del Cabaret du Neant. I due cabaret, vicini e complementari, erano situati sul Boulevard de Clichy, accanto all’Hotel de Place Blanche e qui vi rimasero almeno fino al 1952, anno in cui Robert Doisneau vi scatta una fotografia. In realtà erano chiusi già da tempo, ma furono distrutti e rimpiazzati completamente negli anni ’50.

L’inferno e il paradiso erano i temi che inspiravano, non solo le decorazioni e l’arredamento, ma anche una vera propria ritualità del locale, tutta fedele alla tematica escatologica. Chi entrava nell’Inferno, attraversando la bocca spalancata del mostro (che mi ricorda ovviamente il mostro di Bomarzo), veniva accolto da un cameriere in rosso che apostrofava i passanti dicendo “Entrez, entrez chers damnés…Avancez belles impures; asseyez-vous, charmantes pêcheresses, vous serez flambées d’un côté comme de l’autre!”

La sala principale aveva l’aspetto di una grotta e le cui pareti, così come la facciata, erano completamente coperte da grotteschi altorilievi raffiguranti mostri e dannati, come in una vera e propria bolgia dantesca. Le finestre erano deformate in modo da sembrare una specie di melma primordiale solidificata, all’interno della quale erano stati sospesi i corpi nudi dei peccatori.

Tutto era studiato nei particolari per rendere la visita all’Inferno il più verosimile possibile: i camerieri erano vestiti da diavoli, fumo e grida si sentivano in sottofondo e mentre si mangiava il programma prevedeva la visione di varie “Attrazioni Diaboliche” come “Il supplizio dei dannati” o “La Caldaia”, una vera e propria pantomima durante la quale si metteva un dannato a cuocere nel calderone.

Dopo la cena gli ospiti erano invitati a spostarsi nell’ “Antre de Satan”, un sala buia in cui veniva allestito un piccolo spettacolo rappresentante i supplizi ispirati ai quadri di Hieronymus Bosch.

un biglietto dell’epoca in cui si illustra il programma

uno dei personaggi dell’Inferno: “Mephisto”

uno dei personaggi del Paradiso: “San Pietro”

Accanto al Cabaret de l’Enfer si trovava il suo doppio ed opposto, il Cabaret Le Ciel, il quale ispirato al paradiso, accoglieva i visitatori in un’atmosfera celestiale.

L’ospite, una volta entrato, si ritrovava in una grande sala in stile gotico, in sottofondo si poteva udire una musica d’organo. A quel punto dei camerieri vestiti da cherubini, con tanto di parrucche bionde, ghirlande di fiori e vesti bianche, invitavano gli ospiti a trasferirsi nella sala del banchetto celeste, offrendo loro la “coupe sacrée” che poteva contenere birra o altri liquori.

Mentre si beveva uno dei camerieri, vestito da reverendo iniziava a recitare un sermone. Seguivano altre pantomime che parodiavano le liturgie come la confessione. Altre scenette come il coro degli angeli o il balletto delle rose prevedevano l’apparizione di particolari personaggi quali Onesimo, il dio Porcus e San Pietro.

Era proprio San Pietro che, alla fine, con le sue chiavi d’oro apriva l’ultima sala, una grotta la cui volta era decorata da stalattiti dorate e dalla quale pendevano angeli sospesi nell’aria: il paradiso.

clockwise: San Pietro con le chiavi, il coro dei cherubini, la danza delle rose e il Dio Porcus, la sala.

Il Cabaret du Neant fu fondato nel 1892 al numero 34 del Boulevard de Clichy, esattamente 4 anni prima dell’apertura dei caffé dell’Inferno e del Cielo e dal loro stesso proprietario, Antonin. Anche in questo caso l’intrattenimento di questo strano bar seguiva un rituale preciso.  Dopo aver pagato un biglietto…

… l’ospite veniva introdotto da strane becchini vestiti di nero e dal viso bianchissimo nella “Sala dell’Intossicazione”, decorata con ossa umane di ogni tipo, teschi, tibie, femori, dipinti e motti dal tema mortuario e tavoli a forma di bara.

dettaglio del candelabro

Qui i camerieri-necrofori invitavano gli ospiti dicendo: “Venite, venite stanchi pellegrini e benvenuti nel regno della Morte! Scegliete la vostra bara e sedetevi! Qui ci sono i microbi della morte, beveteli con rassegnazione!” Il cameriere accendeva una candela funebre davanti al cliente e spiegava la composizione delle bevande dai suggestivi componenti come “succo di larve e tosse tbc”.

Dopo aver bevuto, l’ospite viene invitato a spostarsi nella Grotta dei Morti (Caveau des Trépassés), un corridoio stretto con basse volte gotiche, in cui un monaco suonava l’organo. Qui si svolgeva lo spettacolo principale: un volontario del pubblico, veniva fatto salire sul palco e fatto entrare in una bara. Dopo essere stato avvolto in un lenzuolo bianco, attraverso dei giochi ottici che utilizzavano la riflessione di specchi inclinati, appariva al suo posto uno scheletro. Il Cabaret du Neant era uno dei tanti cabaret in cui si utilizzava l’effetto Pepper’s Ghost per creare suggestive illusioni; questo trucco era molto diffuso nei cabaret di fine secolo ed era usato anche nelle fotografie e in spettacoli teatrali.

In un altra stanza, una sala sempre in stile gotico, si poteva assistere all’apparizione di spettri e fantasmi, sempre creati attraverso giochi di specchi e illusioni.


Aesthete. Art historian & blogger. Content creator and storyteller. Fond of real and virtual wunderkammer. Founder and main author of rocaille.it.

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1 Commento a “Folly café in Paris fin de siècle”

  • Valentino

    Bellissimo articolo! Ti ringrazio davvero per questo lavoro.

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