Jewels are placed on industrial metal shelves in green, penicillin green, among half human and half gold plated mannequin heads. Upon them are settled sort of crystallized insects: bees, wasps, mosquitoes, flies.
This is the Delfina Delettrez fall winter 2011/12 collection, presented in the studio-atelier Maison Rabih Kayrouz in Paris a month ago and called Roll in Stones.
The collection is focused on two themes: Movement, mechanical and slow, and Transformation meant as a changeover. The Factory is the symbol.
Jewels are laid on a old assembly line from the 50’s and every piece hides a constant motion in it: pearls and stones move inside the pieces, they roll and mesh into the metal and metal filaments scatter around the wearer’s body. Each jewels is a miniature contraption, like the factory gears.
Everything ripples with airy and little movements, like somebody touched it shortly before, hanging from antrophomorphic heads in disturbing and fixed grimaces.
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We’re in a surreal future, but ispiration comes from the past: “The Wasp Factory” , a horror novel written in 1984 by scottish writer Iain Banks. Frank, the sixteen-year-old boy protagonist of the novel, is obsessed by his evil plan of killing insects , through special machinery and explosives.
The factory seems jammed, leaving pieces unfinished: metal is dripping and frays in filaments and drops, yellow gold fades into pink and fluorescent circuits come out. A very calculated disaster exactly like Frank’s plan.
We’re standing in front of a grim scenario, coloured and quiet, where insects once victims, are now executioners.
Delfina Delettrez turns them into talismans.
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Sono verdi, verdi penicillina, gli ingranaggi su cui i gioielli posano tra volti di manichino metà umani metà dorati . Sopra di loro, come cristallizzati, si sono posati insetti: api, vespe, zanzare, mosche.
E’ la collezione autunno inverno 2011/12 di Delfina Delettrez, presentata nell’atelier-studio Maison Rabih Kayrouz a Parigi il mese scorso e si chiama Roll in Stones.
La collezione è costruita intorno al Movimento, meccanico e lento, e alla Trasformazione, intesa come passaggio e costruzione. Il simbolo è la Fabbrica.
I gioielli sono disposti su una vecchia catena di montaggio degli anni ’50 e ogni pezzo nasconde un movimento costante: le pietre e le perle girano su se stesse, rotolano e si incastrano nel metallo, i fili di metallo si sparpagliano su chi li indossa. Ogni gioiello è un marchingegno in miniatura, come gli ingranaggi di una fabbrica.
Tutto ondula in movimenti leggeri e piccoli, come se fosse stato toccato da poco, appeso a teste antropomorfe in strane smorfie immobili.
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Siamo in un futuro surreale, ma l’ispirazione è del passato: “La fabbrica degli orrori” , un romanzo horror scritto nel 1984 dallo scrittore scozzese Iain Banks. Frank, il ragazzino sedicenne protagonista del romanzo, è ossessionato dal suo piano di sterminare gli insetti, inventando degli appositi congegni meccanici.
La macchina qui però sembra essersi inceppata e ha lasciato gli oggetti non finiti: il metallo cola, si sfrangia in fili e gocce, l’oro sfuma al rosa e vengono fuori i fluorescenti circuiti. Un disastro che però non ha niente di confusionario, anzi sembra tutto meticolosamente studiato e programmato, proprio come il piano sadico di Frank.
Ne viene fuori un sinistro scenario, colorato e silenzioso in cui gli insetti, prima vittime, sono ora diventati divoratrici. Delfina Delettrez li trasforma in talismani.
Lisa.
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