La mostra Liberty in Italia a Palazzo Magnani, Reggio Emilia, intende presentare, nel modo più completo possibile, l’estrema varietà del Liberty italiano. Le opere scelte, circa 300, si articolano in un percorso disposto su due piani e diviso in sette settori, che vanno dalla pittura alla scultura, dalla grafica alla cartellonistica, dall’architettura alla ceramica. Non si tratta però di compartimenti chiusi: le opere sono esposte in modo da integrarsi a vicenda, così da suggerire il dialogo tra le diverse arti. Questa la scelta dei due curatori, Francesco Parisi e Anna Villari, i quali hanno anche voluto dare attenzione, oltre a grandi nomi come ad esempio Giulio Aristide Sartorio, Leonardo Bistolfi, Duilio Cambellotti, anche ad artisti minori e di nicchia. La rassegna corrente, pertanto, si prefigge lo scopo di raccogliere il meglio della produzione italiana del periodo.
L’ultima mostra dedicata al tema fu Liberty, uno stile per l’Italia moderna, che si tenne ai Musei di San Domenico di Forlì nel 2014 (dove quest’anno se ne terrà una analoga, ma sul decò). La ricordata mostra fu un momento importante per gli studi sull’argomento, non solo perché rese possibile, per la prima volta in modo completo, una supervisione di tutti i più importanti artisti del periodo, ma anche perché fu uno di quei pochi casi in cui, una grande quantità di opere esposte, corrispose ad un studio critico approfondito.
Di quella mostra, questa rappresenta una continuazione perfetta, poiché ha raccolto tutto ciò che ne rimase fuori, esponendo opere mai o poco viste, provenienti da depositi museali, gallerie e collezionisti privati. Questo denota innanzitutto l’attenzione con cui i curatori hanno seguito i recenti studi di settore e, anche, una programmatica volontà di rimarcare l’esistenza di tutta una produzione artistica fin’ora non considerata.
Il Liberty, un problema di stili
L’Art Nouveau, che in Italia si chiamò Liberty, fu il primo stile veramente europeo poiché, il problema dell’abbellimento dell’oggetto di produzione industriale, era insito nella nascente società meccanizzata. Le tendenze che si affermarono furono due: uno stile particolarmente sinuoso e floreale, diffuso nell’area franco-belga, e uno più geometrico ed essenziale, che si affermò nell’area austriaca e mitteleuropea. Un caso a parte fu l’Inghilterra, patria della Confraternita Preraffaellita (fondata nel lontanissimo 1848) da cui venne fuori William Morris, vero e proprio antesignano del design. L’insegnamento di Morris svolse una funzione esemplare per la nascente Art Nouveau, sia formalmente (scelse motivi floreali di ispirazione italiana rinascimentale o orientale) sia ideologicamente, in quanto per primo si pose il problema dell’oggetto bello e utile accessibile a tutti.
La grande Esposizione Universale di Parigi del 1900, fu il primo banco di prova per il nuovo stile. L’Italia si presentò un po’ indietro nel campo delle sperimentazioni artistiche, ancora legata a una artigianalità di gusto eclettico tardo ottocentesco, ma gli eventi degli anni a seguire (Esposizione Internazionale d’arte decorativa a Torino nel 1902 e la Biennale del 1903) accelerarono la corsa verso la modernità. Questo determinò un vivace dibattito tra i critici dell’epoca, come mettono in luce i saggi del catalogo (Liberty in Italia, artisti alla ricerca del moderno. Silvana Editoriale, 2016) e ne verrà fuori un clima sperimentale e dinamico.
L’Italia, d’altro canto, partiva svantaggiata per via di problemi strutturali: il peso paralizzante della tradizione artistica e un disinteresse, presso gli artisti vecchio stampo, verso tutte le arti industriali, rallentavano l’innovazione. A questo si aggiungeva la connaturata diversità delle produzioni specifiche regionali, che di fatto impedirà alla neonata nazione di avere un linguaggio unico, come invece accadde per le altre. L’Italia si configura così come una realtà anomala che non sviluppò un unico stile liberty, ma molti e sarà questa estrema varietà interna a determinare l’esistenza di moltissimi artisti straordinari come Adolfo De Carolis, Gaetano Previati, Galileo Chini, Vittorio Zecchin, Alberto Martini, Adolfo Wildt, tutti presenti in mostra. Artisti che a ragione vengono inseriti nel periodo liberty, ma che di fatto sono tra loro diversissimi e non possono essere collegati a nulla di simile in campo europeo.
Accanto a questi nomi importanti, ciò che rende la mostra davvero valida, è l’attenzione che ha riservato a nomi pressoché sconosciuti, artisti visionari isolati la cui arte, anche all’epoca, fu conosciuta da pochi. Se ne citano almeno tre: Umberto Brunelleschi, del quale sorprende il tondo autoritratto coloratissimo; Antonio Rubino, con due illustrazioni di oscuro simbolismo e soprattutto Raoul dal Molin Ferenzona, presente in mostra con diverse incisioni e soprattutto con due dipinti mai esposti prima. Si tratta di Pessima, una Monnalisa cattiva che emana bellezza negativa e il poetico Ragazza malata, una composizione in azzurro di rara delicatezza.
La mostra
Visitando la rassegna è facile rendersi conto della grande varietà delle opere presentate e anche della difficoltà di catalogarle sotto uno stile unitario. Se partiamo dalla pittura ce ne rendiamo subito conto: un ritratto a firma di Enrico Lionne, dal sapore divisionista, affianca quello di Gino Parin, esempio di pittura accademica di scuola triestina, vicino a sua volta al Ritratto in giallo di Arturo Noci, di influenza whisterliana. Poi incontriamo l’espressionista Lorenzo Viani (Mimi Concetta), un Nudino decorativo di Felice Casorati e il sensuale nudo disteso di Camillo Innocenti (Lisetta). A questo fa fronte un lato di “opere minori” a firma di Giovanni Costetti, Armando Spadini, Giovanni Guerrini; un capolavoro di Amedeo Bocchi quale Signora con cappello nero; il torinese Mario Reviglione e lo sconosciuto dipinto di Felice Carena Ofelia, paragonabile solo all’omonimo quadro di Millais.
Molto dettagliata è la sezione dedicata alla scultura, che il più delle volte si tende a ridurre ai soli grandi nomi di Bistolfi e Wildt, comunque presenti. Curata da Alfonso Panzetta, noto esperto di scultura ottocentesca e di inizio novecento, la plastica liberty è rappresentata in tutta la varietà regionale e si va da La danza di Edoardo Rubino, altrimenti conservato a Torino, a l’Orfeo di Michele Tripisciano, proveniente da Caltanisetta. Come ricorda Panzetta nel saggio del catalogo, la scultura era importante tanto quanto la pittura all’epoca, se non di più e per questo è necessario darne la giusta rappresentazione.
Ricchissima e di altissimo interesse è la sezione della grafica e dell’incisione, curata da Emanuele Bardazzi Francesco Parisi, esperto di incisione: oltre agli imprescindibili Alberto Martini, Adolfo de Carolis e Duilio Cambellotti, ci sono anche nomi meno conosciuti e di eguale qualità come Giovanni Costetti, Francesco Nonni, Ferruccio Pasqui; poi vere e proprie chicche come Guido Balsamo Stella, forse il più influenzato dalla grafica germanica e il misconosciuto Giovanni Martoglio (di cui questo blog si occupò ampiamente).
Degno di particolare nota è il settore dedicato alla ceramica, in cui si cimentarono anche Chini e De Carolis. In mostra però si trovano capolavori sconosciuti come il piatto con i pesci dipinto da Umberto Bottazzi e quello con i barbagianni di Achille Calzi, artista faentino vicino a Domenico Baccarini. Particolari i tre ritratti femminili: quello più famoso della Marchesa Casati di Renato Bertelli, una testa medusea di Giorgio Kienerk e il bellissimo Primavera di Giovanni Prini. Interessanti anche i progetti mai realizzati di Giorgio Ceragioli (Disegno per vaso con farfalla), di Paolo Antonio Paschetto un piatto decorato con rose e un piatto di Renato Brozzi, il cui ritratto a firma di Amedeo Bocchi è anche presente in mostra.
Troppo spesso, gli artisti italiani, hanno scontato una generale minore considerazione rispetto a più famosi artisti dell’Art Nouveau internazionale (pensiamo alla fama di un Mucha o di Klimt). Finalmente anche il Liberty ha avuto la sua riconsiderazione. Grazie a una mostra come questa, e agli studi correllati, ne esce liberato dal debito verso influssi stranieri che troppo spesso gli venivano attribuiti, e si dimostra un momento artistico florido, vario e di altissima qualità, fondamentale per le avanguardie e i movimenti artistici futuri.
Ringrazio i curatori della mostra Francesco Parisi e Anna Villari; Federica Franceschini della direzione artistica di Palazzo Magnani; Studio ESSECI nella persona di Simone Raddi e Silvana Editoriale per il catalogo. Visto il successo, la mostra è stata da poco prorogata e rimarrà aperta fino al 2 aprile 2017.
Liberty in Italia, artisti alla ricerca del moderno
Palazzo Magnani, Reggio Emilia
5 novembre 2016 – 2 aprile 2017
sito ufficiale: www.palazzomagnani.it
Catalogo:
Liberty in Italia, artisti alla ricerca del moderno, Silvana Editoriale (2016).
Giulio Bargellini, Annunciazione, 1902-5. Collezione privata.Giulio Bargellini, Salomé (dettaglio), 1910-11. Galleria Carlo Virgilio.Giuseppe Cellini, Fantasia, 1889. Collezione privata.
Grafica:Umberto Brunelleschi, Autoritratto per Album del giornalino della domenica, Bemporad, Firenze 1907. Collezione privata.Duilio Cambellotti, alcune illustrazioni per Le mille e una notte, 1912.
Archivio dell’Opera di Duilio Cambellotti. Antonio Rubino, La Necessità e Il desiderio e l’inerzia, 1910. Collezione privata.
Pittura:da sinistra a destra:
Gino Parin, Armonia in bianco e rosso, 1914. Trieste, Museo Revoltella;
Amedeo Bocchi, Ritratto di Renato Brozzi, 1913. Traversetolo, Museo Renato Brozzi;
Arturo Noci, Ritratto, 1905. Roma, Galleria Berardi.
Giovanni Costetti:
Caricatura di Giovanni Papini, 1912-13. Collezione Privata.
Gianfalco, ritratto di Giovanni Papini, 1902. Collezione privata. Felice Carena, Ofelia, 1912, Torino. Collezione privata. Sinistra: Mario Reviglione, Testa femminile, circa 1915. Torino, collezione privata.
Destra: Plinio Novellini, Aurora tra i girasoli (bozzetto), 1914.Sinistra: Giovanni Guerrini, Ritratto di Alba, 1913. Fondazione Cavallini Sgarbi e disegno preparatorio.
Destra: Amedeo Bocchi, Nudo (studio per l’affresco La Ricchezza), 1914, collezione privata e Signora con cappello nero, 1914. Collezione privata.
Vittorio Zecchin, Annunciazione, 1918. Collezione privata.Sinistra: Lorenzo Viani, Mimi Concetta (Madame Flery), 1908-10. Archivio Opere Lorenzo Viani.
Destra: Edgardo Sambo Cappelletti, Macchie di sole (Bambola), 1912. Trieste, Museo Revoltella.
Paolo Antonio Paschetto, Ragazza con lira (dettaglio), 1908-10. Archivio Paolo Paschetto.Sinistra: Camillo Innocenti, Lisetta, 1915. Collezione privata.
Destra: Ferruccio Ferrazzi, Giochi di ragazzi, 1913. Roma, Accademia delle Belle Arti.
Statua: Enrico Astorri, La Pittura, circa 1914. Fondazione Cavallini Sgarbi.
Raoul Dal Molin Ferenzona:
Sinistra: Pessima, 1914. Firenze, Galleria degli Uffizi.
Destra: Ragazza malata, 1906, collezione privata.
Architettura:Benvenuto Benvenuti, Villa al mare, 1911. Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori.Achille Calzi, Interno di Salone, 1910-15. Collezione privata.
Ceramica:Sinistra (in alto): Giorgio Kienerk, Medusa, 1900-1901. Collezione privata.
Sinistra (in basso): Renato Bertelli, La Marchesa Casati in maschera di Medusa, 1920. Fondazione Cavallini Sgarbi;
Giovanni Prini, Primavera, 1921-23. Collezione Privata.
Destra: Vittorio Grassi, Vaso con foglie verdi di lauro ceraso, 1912. Vicenza, Archivio del XX secolo.
Renato Bertelli, La Marchesa Casati in maschera di Medusa, 1920. Fondazione Cavallini Sgarbi.
Giovanni Prini, Primavera, 1921-23. Collezione privata. Giorgio Ceragioli, Disegno per un vaso con farfalla, 1902. Collezione privata. Galileo Chini:
Vaso con pavone, 1906-11, Faenza, Museo Internazionale delle Ceramiche e Vaso a due anse con testa di medusa, 1896-8, collezione privata. Galileo Chini:
Piatto con volto femminile, gigli e pavone, circa 1899-1900. Collezione privata.
Piatto con volto femminile, 1900. Collezione privata.
Sinistra: Achille Calzi, I tre barbagianni, 1918. Faenza, Museo Internazionale delle ceramiche.
Destra: Umberto Bottazzi: Piatto con pesci, 1906. Roma, collezione privata.
Incisione: Sin: Guido Balsamo Stella, Veritas (dettaglio), 1907. Roma, Istituto Centrale per la Grafica;
Dex (alto): Francesco Nonni, Paggio che sorregge lo strascico alla dama, 1905-10. Collezione privata;
Dex (basso): Guido Balsamo Stella, Phantasie der Dammerung, 1907. Roma, Istituto Centrale per la Grafica. Sinistra: Raoul dal Molin Ferenzona, Miriam, 1914 e Jaqueline, 1905-10. Collezione privata.
Destra (in alto): Francesco Nonni, Un volo, 1913-14. Collezione privata.
Destra (in basso): Benvenuto Disertori, L’edera, 1911-13. Collezione privata.
Scultura:Sinistra: Emilio Quadrelli, Fragilina (dettaglio), 1901. Collezione privata.
Destra: Angelo Zanelli, Tripode(dettaglio), 1911. Collezione Cavallini Sgarbi.Sinistra: Giorgio Kienerk, Ritratto di modella, 1914. Fauglia, Museo Giorgio Kienerk.
Centro: Cesare Ravasco, Nuvole, 1900-1910. Fondazione Cavallini Sgarbi.
Destra: Michele Tripisciano, Orfeo, 1898. Caltanissetta, Museo Civico Tripisciano.
Sinistra: Giuseppe Renda, Pensée (Fanciulla sorridente), 1898. Collezione privata.
Destra: Gino Piccioni, Sogni di Primavera, 1895. Roma, Galleria Berardi.
Decorazione:Galileo Chini: Allegoria della pittura, 1895. Collezione privata.Sinistra: Ettore de Maria Bergler, bozzetti decorativi, 1890-1900. Collezioni private.
Destra: Amedeo Bocchi, bozzetto La ricchezza, 1914. Parma, collezione Fondazione Monteparma.Destra: Galileo Chini, Ad Vivendum, 1907-8. Collezione privata.
Cartellonistica:Sinistra: Adolfo de Carolis, Francesca da Rimini. Tragedia di Gabriele D’Annunzio, 1901. Treviso, Museo Nazionale Collezione Salce.
Destra: Francesco Nonni, Fonte Meo, 1912. Collezione privata. Sinistra: Luigi Bonazza, Trentino, La società alpinisti trentini, 1904. Treviso, Museo Nazionale Collezione Salce.
Centro: Giuseppe Anichini, Almanacco Italiano, 1903. Treviso, Museo Nazionale Collezione Salce.
Destra: Adolfo Magrini, Città di Parma, 1907. Treviso, Museo Nazionale Collezione Salce.Sinistra: Giuseppe Palanti, Società Anonima Materiale Elettrico, 1905. Collezione Privata.Da destra a sinistra cartelloni a firma di: Galileo Chini, Basilio Cascella e Marcello Dudovich.
2 Commenti a “Liberty in Italia, mostra a Reggio Emilia”
Splendida mostra, anche in Trentino molti artisti di primo novecento si sono ispirati alle correnti artistiche di questo periodo, Bonazza, Ratini, Dario Wolf, Oddone Tomasi e molti altri si sono immersi nella poetica simbolista e secessionista.
Come collezionista li apprezzo sia per le capacità tecniche sia per quel senso di melanconia che pervade le loro opere. Complimenti per la vostra opera di valorizzazione.
Artisti meravigliosi, grazie per il commento!