“E’ una vittoria del buon gusto, in tempi così grigi…”
La Libertà, 15 gennaio 1905
Chi visita Padova oggi non può sapere dello Storione. Solo qualche frammento, in collezioni private, è testimone dello sfarzo glorioso del tempo che fu. Se il Pedrocchi, miracolosamente salvato dalla distruzione, oggi è ancora visibile, dello Storione non rimane più niente. Una cicatrice indelebile nella storia della città, inferta durante quel periodo della corsa alla modernità e complici scelte politiche scellerate, fu distrutto per sempre durante gli anni ’60.
Lo Storione, l’albergo della Belle Epoque
Questo meraviglioso tempio pagano, ristorante-albergo della ridente borghesia ottocentesca, fu iniziato a costruire intorno agli anni ’60 dell’ottocento, quando il Pedrocchi era nel pieno della sua attività. I due luoghi si completavano, l’uno caffè e ritrovo, l’altro ristorante e albergo, entrambi mete obbligate della borghesia rampante: “Un ceto politico laico e liberale che aveva scelto come salotto lo Storione, mentre il caffè Pedrocchi era il tempio dell’aristocrazia accademica e degli studenti goliardi”. Padova non era molto diversa da Parigi, Vienna o altre città modernissime del nord Europa. Una città ricca, alla moda, in Italia erano poche le città così aggiornate. “Paolo Franceschetti racconta in un saggio che lo Storione nel 1901 era famosissimo grazie allo splendido servizio di Giovanni Zorzi, detto Nanei: per festeggiare i 40 anni del locale nel 1903 viene servito agli ospiti lo stesso menu, bevande comprese, preparato a re Edoardo durante la visita al presidente della repubblica francese Emile Loubert.”
La decorazione dell’albergo fu completata nei primissimi anni del’900, in piena Belle Epoque. Nel 1904 l’incarico per la decorazione del salone principale viene affidato all’artista Cesare Laurenti. Un nome che non dice niente oggi, ma all’epoca era reduce dal grande successo ottenuto l’anno prima all’Esposizione internazionale d’arte di Venezia. Ferrarese di origine, fu attivo sopratutto a Venezia, dove progetterà la trasformazione della pescheria di Rialto da “Stallon” in ferro a struttura muraria. La decorazione dello Storione a Padova era forse la sua opera più famosa, dico era perché oggi non esiste più. Di quella che doveva essere la più bella opera Art Nouveau del nord Italia resta oggi qualche frammento e alcune foto in bianco e nero.
La decorazione di Laurenti
Il programma decorativo era raffinatissimo: Laurenti proponeva un’integrazione tra architettura, pittura e arti applicate, secondo i principi estetici di unione tra vita quotidiana e arte, tipici dell’Art Nouveau. Tra i collaboratori che parteciparono c’erano: Vittorio Rizzo, Alessandro Milesi, Augusto Tagliaferri, Antonio Soranzo, Giacomo Vivante, per le parti ceramiche, e Vincenzo Cadorin, per il mobilio, padre del più famoso Guido Cadorin, grandissimo artista e pittore di fiducia di Gabriele d’Annunzio.
Le pareti della sala mostravano tre fasce di decorazione: la prima si presentava rivestita da paramenti di legno; la seconda era in marmorino con al centro nastri pendenti in stucco e medaglioni in ceramica; la terza esibiva un dipinto raffigurante dieci figure femminili danzanti mentre reggono festoni e nastri trattenuti all’estremità dalla danzatrice collocata al centro della parete di fondo. Il soffitto invece riproduceva un lussureggiante pergolato di melegrane intrecciate a racemi, da cui si intravedeva il cielo azzurro. Il soggetto era di moda all’epoca se in quegli anni fu usato anche da Achille Casanova, per il soffitto della pasticceria Rovinazzi a Bologna, e da Giovanni Vianello, in quello del Teatro Sociale di Rovigo. La sala d’ingresso, luminosissima per il soffitto in vetro e ghisa, era adiacente alla sala da pranzo e aveva nella parete di fondo una decorazione raffigurante uno Storione inseguito da Nereidi e Tritoni (la caccia allo storione). Della sua ideazione rimane traccia solo in qualche disegno preparatorio, oggi conservato dalla nipote dell’artista. Enormi specchiere, cristalli, vetri opalescenti, marmi dalle tenui venature rosate, una boiserie di legno completavano la decorazione degli ambienti.
La decorazione imponente e bellissima fu inaugurata sabato 3 giugno 1905. I giornali scrivono che la «città si arricchisce di una nuova magnifica opera: la cena d’onore vede allo stesso tavolo di Laurenti il senatore Gino Cittadella Vigodarzere, il prof Vincenzo Crescini, l’ex sindaco Vittorio Moschini e diversi artisti.” L’evento in sé è significativo: nulla manca alla città di Padova per rivaleggiare con il gusto internazionale dell’Art Nouveau e in nulla è diversa dalla borghesia europea. La qualità dei servizi fu sempre eccellente, furono ospiti dello Storione: Gabriele d’Annunzio, Marconi, Einstein, Mascagni, Pirandello, Marinetti, i principi di casa Savoia e molti altri. Tutti i giornali ne parlarono come un successo.
Da “La Libertà” del 15 gennaio 1905: “E’ una vittoria del buon gusto, in tempi così grigi… La grande sala terrena, lunga venti metri, è tutta una festa del colore: sul lato delle pareti veleggiano con grazia squisita dieci figure di donna più grandi del naturale. Esse avvolgendosi in seducenti pose e con grazia squisita nelle vaporose e capricciose lor vesti; esse tutte rammenti di vita, che balza fuori dalla loro spalle, dai loro seni ignudi, trattengono con non minor grazia il serico velo che allungandosi fra corpo e corpo per tutta la lunghezza del prato primaverile, su cui prodigano il sorriso della giovinezza”.
Arturo Moschetti, nel “Veneto” dell’11 febbraio 1905, paragona le pitture a quelle di Leonardo: “La decorazione ricorda la cosiddetta sala delle Asse nel castello di Milano attribuita a Leonardo o lo sfondo del Banchetto di Psiche, dipinto a Mantova, sotto gli occhi del maestro, dagli allievi di Giulio Romano nel palazzo del Tè…”.
Decadenza e distruzione
La decorazione del Laurenti era fragilissima. Realizzata con la particolare tecnica della tempera su gesso, già nel 1906 dovette essere protetta da una vernice speciale a causa dei danni provocati dalla luce dall’illuminazione a gas e, nel 1929, fu restaurata dal suo autore ormai anziano. Ancora negli anni ’50 del 1900, nonostante le guerre, lo Storione era rimasto intatto. Guido Piovene raccontò la sua visita all’albergo nel suo “Viaggio in Italia” (1957): “Giungo a Padova la sera tardi, il giorno dell’Immacolata, prendo possesso della camera allo Storione, e scendo per pranzare. La sala maggiore del ristorante è occupata da un grande pranzo di macellai. Siedo nella sala accanto ma, più che mangiare, sbircio attraverso una tenda. Centinaia di macellai, come ne ho visti solamente a Chicago, intorno a molti preti e frati; il padre rettore del santo, calvo, grasso, occhialuto, seduto a capotavola, è fatto segno a riguardi reverenziali. I macellai di Padova detengono un privilegio; portano in processione per l’Immacolata il mento e la lingua di sant’Antonio; la sera, si uniscono a tavola. Fu un pranzo padovano, con pasticcio di maccheroni, bolliti e faraona arrosto; si pronunciavano discorsi faceti in un dialetto, il ruzzantino, incomprensibile anche ai veneti”.
Ma è negli anni ’60 che il sogno viene distrutto, quando si insinua anche in Italia l’ansia della modernità e del consumo di massa. Nel 1962 l’Amministrazione comunale di allora, guidata dal democristiano Crescente, compì l’atto sciagurato. Decise di abbattere lo Storione per far costruire al suo posto la sede di una banca. Il trionfo della mediocrità usurpa laidamente la raffinata bellezza fin de siècle. Nessuno, sembra, riuscì a fermare lo scempio e lo Storione fu demolito. La costruzione del nuovo edificio doveva essere affidata a Giò Ponti, che in città aveva già decorato il Liviano e la Scala del Palazzo del Bo’ (sede centrale dell’Università di Padova). All’epoca ci si era posti il problema almeno della salvaguardia dei dipinti della sala interna: il ciclo fu staccato e diviso in circa trecento pezzi, ma un maldestro tentativo di strappo finì con la distruzione di buona parte della decorazione. Inizialmente i pezzi dovevano essere ricollocati nel nuovo edificio e vennero depositati nel Liviano, ma non fu così. Nel 1966 l’Università decise di restituire i frammenti alla Banca e vennero selezionati solo quelli rimasti in buono stato. Trenta furono donati al Museo, restaurati e montati su pannelli di legno, mentre tre teste femminili rimasero di proprietà della Banca Antonveneta.
Affreschi gentili, di sapore primitivo, eseguiti con una tecnica particolarissima, tempera su gesso. Ma il cemento era più attraente in quegli anni, furono interrati anche i numerosi canali che rendevano Padova una città d’acqua come Venezia, cambiandone il volto per sempre. Anni di distruzione: altri edifici storici legati alla memoria dei Padovani furono rimpiazzati da cubi di cemento, tra cui ad esempio il bellissimo Teatro Garibaldi, prima trasformato in cinema e poi demolito per lasciare il posto ad un supermercato. Un teatro di inizi ‘900 bellissimo “in legno, costruito su iniziativa di Luigi Duse, nonno di Eleonora, che qui metteva in scena commedie con protagonista il famoso personaggio dialettale di Giacometo Spàsemi”. Una simile distruzione si era verificata solo in epoca fascista, quando fu raso al suolo l’intero borgo medievale di S. Lucia.
Quel che resta
Dopo molti anni, nel 2011, si è deciso di mostrare al pubblico ciò che per molto tempo era rimasto privato. La banca antonveneta ha esposto nella bellissma mostra Novecento Privato, presso il Centro Culturale Altinate/San Gaetano, opere provenienti tutte da collezioni private e in prevalenza padovane. La mostra si apriva proprio con il capolavoro perduto di Cesare Laurenti allo Storione e con un video che ricostruiva virtualmente l’interno del famoso ristorante.
Quest’anno gli stessi frammenti sono stati esposti in una mostra ai Musei Civici Eremitani, (dal 21 marzo al 14 aprile) con una selezione di trenta frammenti e disegni e fotografie pervenuti per volontà di Anna Laurenti, nipote del pittore. E’ così che io sono venuta a conoscenza di questa storia tristissima.
sources: tornogiovedì.it; virgiliopadova.myblog.it; mattinopadova.geolocal.it;
pictures credits: mattinopadova.gelocal.it; ilsole24ore.com. Qui molte foto di Padova sparita.
Esterno (outdoor):
Interni (indoor):
Sala da Pranzo
Sala d’Ingresso
affresco del dipinto “Storione inseguito da Nereidi e Tritoni”, nella sala d’Ingresso
Decorazione del Laurenti:
foto d’epoca
The Three Graces, Cesare Laurenti, Jugend magazine, 1903.
I found here this image by Cesare Laurenti on Jugend magazine dated 1903. I can’t speak German and I don’t know what the article says, but this seems a study for Lo Storione decoration.
frammenti originari
frammenti originari, oggi di proprietà della Banca Antonveneta
frammenti originari, oggi proprietà della Banca Antonveneta
video che ricostruisce virtualmente gli ambienti, dalla mostra Novecento Privato
foto ricostruttive
La mostra “Laurenti allo Storione”:
locandina della mostra. Qui il comunicato ufficiale.
5 Commenti a “Padova Belle Epoque: Lo Storione”
Qui a villa Arcugnano, Anfiteatro Berico Capoluogo, si mangiava lo storione dalle Querini dopo le consuete escursioni , dalla Laguna , a Chioggia fino alla loro darsena. Lo smembramento dell’antico borgo, ad opera di un ” cosiddetto Sindaco ” che parcheggiato il trattore 5 minuti e ,firmava gli scempi, avvenne sotto gli occhi di tutti , compresi quelli di un altrettanto qui inorridito Conte Guido Piovene che ne descrisse dettagliatamente la sua distruzione .
Me lo ricordo, anche se non ero a conoscenza delle altre “ demolizioni “ o ,meglio dire , scempi .
Mi viene in mente Palermo o ,ancora ,l’unione sovietica che ha venduto Tiziano, Raffaello , gioielli ecc
Grazie – politici -,
Ma soprattutto a
Lei un riconoscimento per la pubblicazione di questo magnifico documento
Ogni storia è differente, questa è particolarmente sfortunata. Grazie!
I am glad to discover Italy even through webpages for now. I hope eventually to visit Padova, where some old ancestors of mine studied there. I also study midieval literature these recent years, so it is a great way to love Italy too!
Padova is such a beautiful city !
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