foto: Baron Nicolas de Gunzburg, picture by Horst P. Horst
(New York, December 1937)
Dato il mio interesse per i personaggi che sono rimasti nascosti tra le pieghe della storia, mi sembra giusto ricordare l’elegantissimo Nicolas de Gunzburg. Il suo nome oggi non dice molto, ma la sua influenza fu determinante per altre personalità rimaste invece famosissime come Coco Chanel, Diana Vreeland, Oscar de la Renta e addirittura Calvin Klein. Non solo.
La storia di Nicky de Gunzburg incarna bene la parabola dell’aristocrazia europea, di come, dopo i consueti passaggi a Parigi e Venezia dove organizzò fantasmagoriche feste in maschera, attratto dal nuovo mezzo di espressione quale il cinema, finì col trasferirsi negli USA.
Il mio amico G.B. Brambilla ne ha scritto una breve biografia che mi ha concesso di pubblicare e io non posso che ringraziarlo.
Tutti gli articoli di Giovanbattista Brambilla qui.
Nicolas de Gunzburg: L’uomo più civilizzato di Parigi
di Giovanbattista Brambilla
(già pubblicato in forma ridotta sulla rivista “PRIDE”, n. 170, novembre 2013)
Per spirito d’innata curiosità mi sono dedicato a raccogliere informazioni sulla vita di Nicolas de Gunzburg (1904-1981). Un personaggio che meriterebbe ben più vasto spazio di quello che oggi vado ad occupare, facendone un breve riassunto.
Origini
Costui già dalla nascita si presentò come una pecora nera nell’influente e ricchissima famiglia di banchieri ebrei, d’origine russa, cui apparteneva.
Suo padre, Jacques de Gunzburg (1853-1929), era un fondamentale personaggio dell’alta finanza internazionale proprietario non solo della Banca Gunzburg a Parigi, azionista di banche a San Pietroburgo, Praga ed Egitto ma anche proprietario del lussuosissimo Hotel Crillon e finanziatore degli Hotel Ritz a Londra, Madrid e Parigi. Talmente al centro degli avvenimenti della Belle Epoque che persino il futile proustiano Boni de Castellane (1867-1932) lo cita nelle sue memorie come l’unico “banchiere pieno di chiaroveggenza”.
Un suo gaudente cugino russo, barone Dmitri de Gunzburg (1870-1917), fu per anni il principale finanziatore dei Ballets Russes di Diaghilev, finché non partì volontario in guerra e fu fatto a pezzi dai Cosacchi in rivolta.
Jacques, invece, si sposò cinquantenne con la ricca e scandalosa divorziata Enriqueta de Laszki, nobildonna dalle origini portoghesi-polacche, figlia della marchesa Joaquina Maria de Lonza Lisboa. Lei precedentemente era stata sposata con un bibliofilo e collezionista d’arte francese da cui aveva avuto la figlia Audrey Bapst (1892-1940), pittrice, costumista, scenografa e musa del vecchio scrittore e politico Paul Claudel (1868-1955), anch’essa assai disinvolta nel contrarre matrimoni e morire giovane.
Infatti anche l’irrequieta madre Enriqueta de Laszki divorziò presto dal ricco Gunzburg, si risposò e morì moglie dell’eccentrico e sregolato principe russo Basil Narischkine.
Non si sa come il piccolo Nicolas (Nicky per gli amici) avesse vissuto tutte queste vicende famigliari, il fatto è che la madre pretese di battezzarlo cattolico e ciò lo fece radiare dall’estesa parentela dei Gunzburg sparpagliati tra Russia, Germania e soprattutto Francia. Una famiglia all’epoca strettamente legata, con matrimoni d’interesse, ai “clan” ebraici dei banchieri già allora più potenti del mondo come i Rothschild, Rosenberg e Hirsch. Quasi tutti sopravvissuti indenni a rivoluzioni, guerre e campi di sterminio.
Tanto per fare un esempio, un cugino di secondo grado di Nicolas fu proprietario del giornale “Le Monde” fino al 2004.
C’è da presupporre che Nicolas bambino fosse stato affidato alla madre, cui anche fisicamente assomigliava nei lineamenti esotici, perché fu molto legato alla sorellastra Audrey Bapst, dalla quale apprese i multiformi interessi artistici. Tant’è che Nicolas lasciò per testamento tutti i suoi averi ai due nipoti che lei aveva avuto con un diplomatico inglese. Ad una certa età Nicky fu spedito a scuola in Inghilterra, dove nel frattempo s’era sposata Audrey, passando poi agli studi d’economia a Oxford o Cambridge, dato che era destinato a subentrare nelle attività paterne.
De Gunzburg with Contess De Brantes at Bal Proust, De Faucigny-Lucinge’s home, 1928.
De Gunzburg with Valentine Hugo at Bal des Entré des Opéra. From French Vogue, sept 1929.
De Gunzburg as a film producer in his office at Bois de Boulogne (Paris, 1930)
Parigi
Il suo ritorno nella natia Parigi (era nato nel XVI° arrondissement, quartiere chic tra Trocadero e Bois de Boulogne, in un edificio dove oggi s’è installata l’ambasciata di Grecia) avvenne nel 1925, in coincidenza alla morte della madre.
S’insediò in un appartamento al Ritz e da lì incominciò il suo “debutto in società”, frequentando la créme-de-la-créme dell’élite internazionale di nobili, ricchi eccentrici e talenti artistici indiscussi di tutti i campi.
Quando, nel 1933, decise di cambiare arredamento e decorazioni di casa, il suo nome era già talmente di “tendenza” in quel mondo di futilità che addirittura Cecil Beaton (1904-1980) gli dedicò una caricatura ad acquarello nella sua cronaca su “Vogue” francese. Nell’articolo adiacente divagò non poco, in modo svenevole e frou-frou, sull’avvenimento in questi termini: “Nicky de Gunzburg ha avuto l’ardire di donare un cocktail per mostrare il suo nuovo appartamento. Quelle Ouverture! Le doppie porte spalancate, la folla di amici assiepata. La decorazione dell’appartamento è barocca, Louis-Philippe, Edward VII o quel che vi pare. Ci sono stucchi d’argento su muri e soffitti, decorati a colombe nelle gabbiette dorate, una enorme Kenzia a palmizio sopra un ripiano, immensi sofà a forma di salciccia, a ottomana in velluto nero. Ma ora il dilemma è: cosa pensarne del palmizio?…Lo si definirebbe orrendamente atroce, com’è in realtà, ma se diventerà di moda tra sei mesi? Che devo dire: lo è già diventato dal giorno stesso dell’inaugurazione.”
C’è da aggiungere che Beaton non aveva molto in simpatia Nicolas de Gunzburg, se ne trovano tracce nei suoi “Diari” del 1931, perché il barone era “troppo” intimo del ricchissimo e sofisticato inglese Peter Watson (1908-1956) di cui Beaton era perdutamente invaghito.
De Gunzburg era talmente ricco da convincere il Comune di Parigi ad affittargli una casa, per molti anni, sull’isola nel bel mezzo del lago al Bois de Boulogne, forse da lui ammirata da bambino, per farne la sua villa di campagna. Per anni il posto fu location per parties con i suoi amici, tanto sofisticati e omosessuali quanto lui, come il fotografo Horst P. Horst (1906-1999) o il sarto Lucien Lelong (1889-1958). Le malelingue dicevano che Lelong avesse addirittura battezzato il suo profumo “N” in onore di Nicolas e non della sua musa, la bellissima principessa Natalie Paley (1905-1981), sposata per convenienza nel 1927.
De Gunzburg film producer (Paris, 1930)
De Gunzburg film producer (Paris, 1930)
De Gunzburg in a caricature by Cecil Beaton. From french Vogue, march 1933.
Parties e primo sbarco a New York
Una cronaca mondana dava de Gunzburg presente al Lido di Venezia, nell’estate 1926, come ballerino di Charleston in uno show per beneficenza organizzato dalla principessa Jane di San Faustino, nonna di Gianni Agnelli, insieme alla scatenata animatrice americana (oggi si direbbe P.R.) Elsa Maxwell e al suo più caro amico il duca Fulco di Verdura (1898-1978). Quest’ultimo, nobile siciliano, era destinato ad essere invitato dal musicista Cole Porter e dal principe-banchiere Jean-Louis de Faucigny Lucinge (1904-1992) a Parigi, dove divenne il più stretto collaboratore di Coco Chanel e debuttò come gioielliere di successo.
Non si sa se Nicolas e di Verdura furono presenti quando i poliziotti irruppero a Palazzo Rezzonico, nel 1927, preso in affitto da Cole Porter. Fu interrotta una festa selvaggia a base di cocaina, travestiti e gran folla di marchette locali in salsa jazz scatenata. Il capo della Polizia Fascista era già pronto a sbattere in prigione tutti quando s’accorse che tra gli invitati c’era anche suo figlio. Si decise di chiudere un occhio ma fu ordinato a Porter di lasciare immediatamente Venezia.
Nel gennaio 1929 morì improvvisamente l’ormai 76enne Jacques de Gunzburg. Nicky si rese conto che dell’immenso patrimonio del padre erano restati solo dei rimasugli e immaginò che tutto fosse stato nascosto in conti cifrati svizzeri oppure, come nella più semplice delle ipotesi, i suoi più potenti parenti avessero provveduto a rubare tutto senza lasciare traccia. Iniziò una ricerca del denaro scomparso, anche con detective, cui si sarebbe rassegnato solo verso il 1960.
Non si sa perché ma il 15 ottobre del 1929 Nicky sbarcò a New York, dichiarandosi di professione “banchiere” alla dogana. Anche lì doveva avere degli interessi di famiglia nella gestione dell’Hotel Ritz-Carlton. Ma la sfortuna gli tese un nuovo agguato. Perché solo due settimane dopo assisté in diretta al “Martedì Nero” col crollo della borsa di Wall Street e i banchieri che si suicidavano buttandosi dalle finestre dei palazzi.
Fu lì che s’insinuò l’ispirazione di mollare gli affanni dell’alta finanza per dedicarsi al sacro fuoco della nuova Arte cinematografica.
Decise, ad ogni costo, di voler diventare attore.
De Gunzburg at Chanel jewelry exhibition with Baba de Faucigny-Lucinge. From french Vogue, jen 1933.
De Gunzburg at Sestriere. From french Vogue, feb 1933
Coco Chanel and Fulco Di Verdura at Bal Second Empire (July 1934)
De Gunzburg at Bal Second Empire (July 1934)
Barone de Gunzburg’s passport for USA. Nov 1934
Vampyr e ancora New York
Nel 1930 incontrò il regista danese Carl Th. Dreyer (1889-1968), reduce da un colossale successo di critica ma totale fiasco agli incassi col film “La passione di Giovanna d’Arco”(1928), in cerca di finanziatori per il suo prossimo film “Vampyr”, ispirato al racconto horror “Carmilla” del 1872 di Le Fanu.
A dire il vero non si sa se l’idea del film nacque addirittura da de Gunzburg, resta il fatto che lui decise non solo di produrre il film ma d’esserne pure il protagonista Allan Grey (da “Dorian Gray” di Oscar Wilde) col nome d’arte di Julian West.
In cerca di co-produttori e distributori Nicky si precipitò a New York, ma a Hollywood stava già per uscire con d’immenso successo il “Dracula” con Bela Lugosi.
Dreyer era visto come una catastrofe annunciata: troppo artista astruso, troppo costoso, troppo pignolo. Tant’è che tutto restò sul groppone di de Gunzburg, portandolo alla rovina. Le vicissitudini sul set “dal vero”, girato in un castello fuori Parigi, sono oggi diventate leggendarie. Costò il triplo di sola pellicola, perché con l’avvento del sonoro dovette essere girato in tre lingue diverse: francese, inglese e tedesco. Ma solo per i movimenti labiali perché il film fu poi ridoppiato in laboratorio in Germania. Fatto assurdo se si pensa che il dialogo si limitava a un bofonchiamento indistinto qua e là.
Il film uscì nel 1932 e fu un tonfo micidiale. A Berlino addirittura la gente urlava per avere il biglietto risarcito. D’orrore non vi era nulla, il vampiro era una vecchia, senza colpi di scena in un’atmosfera trasognata, nebbiosa e senza la carica erotica che aveva caratterizzato il racconto lesbico di Le Fanu. De Gunzburg era perennemente sullo schermo, con sguardo attonito e passo rallentato, nel ruolo di un non ben precisato cacciatore di vampiri dallo charme sofisticato alla Rodolfo Valentino in perenne doppiopetto, senza un pelo fuori posto. All’epoca non se ne resero conto ma tutta la trama sembrava alludere ad un trip da morfinomane, siringhe e sdoppiamenti corporali inclusi .
Fu tutta fatica inutile, benché oggi il film sia diventato un classico della Storia del Cinema.
Prima di questa débacle Nicky aveva dato una festa notturna in costume, aiutato da Elsa Maxwell, sulla sua isola. La celebre “Festa campestre”, del 13 giugno 1931, di cui dopo 80 anni ancora se ne parla per i celebri artisti che vi collaborarono per le decorazioni e costumi: l’arredatore Art Déco Jean- Michel Frank, il coreografo Boris Kochno e soprattutto il pittore e costumista Christian Bérard.
Il palazzetto era stato avvolto di raso con i colori del tricolore francese e gli invitati dovevano arrivare a dorso di mulo, in bicicletta o su carretti pieni di fiori, pecore e galline. Il prato era illuminato come a teatro con mucche ed altri animali di cartone infiocchettati. Cole Porter compose appositamente una musica, la gente arrivò con i costumi più fantasiosi da contadini, Serge Lifar apparve dipinto d’oro sul dorso d’un cavallo bianco.
Tre anni dopo, nel luglio 1934, ci fu la festa organizzata da Nicky con Faucigny-Lucinge dal tema “Notte a Schönbrunn”. De Gunzburg si travestì da Rodolfo figlio di Sissi e Coco Chanel tutta in nero da Imperatrice Carlotta . In quell’occasione l’isoletta fu rivestita di bianco per dare l’impressione che avesse nevicato.
Questo fu l’addio a Parigi perché il 20 novembre di quell’anno, Nicky con gli inseparabili amici Fulco di Verdura e la bellissima principessa Natalie Paley sbarcarono a New York diretti a Hollywood in cerca di fortuna.
Carl Th. Dreyer’s Vampyr, poster, 1932
De Gunzburg as Allan Grey in Vampyr, film by Carl Th. Dreyer, 1932.
De Gunzburg with Dreyer at Vampyr première in Paris, 1932
Gli anni americani
Come andò? Tranne i primi anni d’incertezza le cose si misero per il meglio possibile.
Di Verdura, dopo varie traversie, divenne un famoso gioielliere delle star e amante del bellissimo attore Richard Cromwell (costui nel 1945 sposò, per un anno come copertura, la collega Angela Lansbury). Nel 1939, aiutato da Cole Porter, aprì un suo negozio a New York che divenne uno dei più famosi al mondo nel settore. Dal 1954 fece coppia con l’interior design inglese Tom Parr. Per amore lo raggiunse negli anni ’70 a Londra ma lì, per errore, di Verdura fu investito da un’auto mentre attraversava la strada dimentico che in loco guidano contro mano. Ne morì tempo dopo, a New York in ospedale, per le gravi conseguenze.
La Paley, fondamentalmente lesbica, fuggiva da Parigi dopo essere rimasta incinta di Jean Cocteau e in corso di divorzio dal sarto gay Lelong, recitò nel film “Sylvia Scarlett” di George Cukor con Katharine Hepburn. Ma poi prese di nuovo marito nel 1937, specie per avere la cittadinanza ed evitare la guerra in Europa, sposandosi con Jack Wilson (1869-1961), impresario di Broadway e amante da due decenni del commediografo Noël Coward.
Al ricevimento del matrimonio, in Connecticut, ritroviamo Nicky de Gunzburg al piano, a quattro mani con Coward mentre intonavano, per ore come un tormentone, un’allegra canzoncina a filastrocca in lingua francese di cui i parenti dello sposo non ne capirono il senso. Il testo descriveva il consiglio di ben lubrificare una “macchinetta” per la notte di nozze, aggiungendo l’amletico dubbio su quale membro della coppia avrebbe dovuto, alla fine, infilarla all’altro.
Per Gunzburg fu un po’ più difficile affermarsi. A Hollywood fece la comparsa, non riuscì neanche a fare il costumista ma in quel periodo continuò la sua vita di lussi ed iniziò una lunga storia d’amore con l’attore Erik Rhodes (1906-1990). Con lui si trasferì a New York, abitando all’Hotel Ritz, divenendo un famoso arredatore e poi dal 1942 fu assunto come fashion-editor per “Harper’s Bazaar”, diretto dalla sua amica Diana Vreeland. Lei poi ebbe a dichiarare in un raro momento di generosità: “Tutto quello che so in materia di gusto ed eleganza lo devo a Nicky. Tutto!”.
Per la stessa casa editrice Condé-Nast fu promosso editor-in-chef nel 1948 presso “Town & Country”, dedicato ai gusti capricciosi della upper class. Lì ebbe modo di fare la prima delle sue grandi scoperte: il giovane stilista Bill Blass (1922-2002).
Passò poi a “Vogue”, verso il 1952, chiamato dalla nuova direttrice Vreeland.
Lì Nicky trovò due nuovi protégé da lanciare: Oscar de La Renta, nei ’50, e soprattutto il giovanissimo Calvin Klein, verso il 1968.
De Gunzburg with Fulco di Verdura, Mrs. Alistair MacKintosh and Nin Ryan at Palm Beach, 1935.
De Gunzburg with musical composer Rowland Leigh, Hollywood 1935.
Nicky de Gunzburg photographed by Natalie Paley, Hollywood 1935.
De Gunzburg chatting with musical composer Rowland Leigh, Hollywood, 1935
De Gunzburg photographed by Natalie Paley. Santa Monica, Los Angeles, 1935.
De Gunzburg playing tennis with painter Oliver Messel at Lili Damita’s home. Beverly Hills, Los Angeles, 1936.
De Gunzburg with painter Oliver Messel photographed by Natalie Paley. Los Angeles, 1936.
De Gunzburg with musical composr Rowland Leigh at Natalie Paley’s home. Los Angeles, 1936.
De Gunzburg with Wiltie, Natalie Paley’s dog. Los Angeles, 1936.
Columnist Winsor French, musical actress Peggy Fears and Ruth Selwyn with Nicky de Gunzburg (picture by Natalie Paley). Los Angeles, 1936.
De Gunzburg with Mona Harrison Williams at El Morocco, New York. May 1936.
De Gunzburg by Horst P. Horst (New York, dec 1937)
De Gunzurg with Nathalie Paley in a window of Karinska shop, run by Paley herself, in Madison Avenue NY (picture by Jerome Zerbe, 1940ca)
De Gunzurg with Oscar De La Renta, 1950ca.
De Gunzurg, 1955ca
Il Barone
Gunzburg non ebbe mai un’ampia tranquillità economica ma nel 1960 riuscì a comprarsi un’isoletta nell’Highland Lake in New Jersey, costruendovi una specie di baita in legno tirolese. Sicuramente in ricordo di quella festa in costume che fece in gioventù a Parigi. Lì poté sciare e pattinare sul ghiaccio d’inverno, come da ragazzo, invitare i suoi amici e soprattutto viverci col suo compagno Paul Sherman (1926-1985), un illustratore e pubblicitario.
In questa casa di campagna commissionò le panchine del giardino direttamente da una ditta francese che aveva in appalto le forniture ai parchi pubblici di Parigi. La porta d’accesso era un autentico pezzo d’antiquariato austriaco del ‘700 e negli interni si ritrovò lo stesso gusto con cui de Gunzburg aveva arredato i suoi appartamenti a New York, spesso cosparsi di uccelli impagliati, coralli, corna di cervi e altri “memento mori” un po’ macabri. Anche il nome che scelse per l’isoletta, Hemlock Island, aveva un qualcosa di macabramente auto-ironico dato che significa “Isola della cicuta”. Non certo perché vi crescevano erbe velenose ma perché i botanici locali avevano così ribattezzato un particolare tipo di grandi conifere le cui foglie ricordavano, per forma, proprio quelle della cicuta.
Anche il modo di vestire elegantemente “minimalista” di De Gunzburg, come un becchino delle pompe funebri impeccabilmente in nero e con camicia bianca, l’avevano reso famoso quanto i suoi modi di gran classe ed umorismo sottilmente graffiante. Tutti nella Moda lo chiamavano semplicemente “Il Barone” e nel 1971 era nella lista di “Vanity Fair” della Best Dressed Hall of Fame. L’editore di “Vogue” Alexander Liberman lo definì come: “Uno degli uomini più civilizzati di Parigi”.
Benché avesse un’aria un po’ lugubre, ormai con un volto invecchiato e cascante che assomigliava sempre più a quello d’un antico faraone egizio, nessuno certo immaginava che da giovane avesse recitato in un film dell’orrore. Eppure tra critici e cinefili il film era diventato un vero cult per pochi adepti. Aureolato di mistero, perché difficilissimo da vedersi proiettato in giro, era già considerato uno dei film d’avanguardia più belli di tutti i tempi. Nel 1963 un collezionista e distributore americano di film d’essai, di nome Raymond Rohauer, comprò da de Gunzburg tutti i diritti di “Vampyr” per farlo circolare in copie da 16mm in festival e cineteche.
Tra le pagine d’un libro dedicato alla storia dei film Horror, ritrovato tra le cose appartenute al barone, era conservato un articolo del critico inglese David Robinson dal “The Times” del 1976 che elogiava l’interpretazione di Julian West, svelandone il vero nome di Nicolas De Gunzburg. A margine il barone vi aveva annotato ironico a penna: “FAME AT LAST!”.
Paul Sherman and Bill Blass ice skating in front of Highland Lake house. 1961ca.
De Gunzburg at Hemlock Island, 1961ca
Baron Nicolas de Gunzburg with Diana Vreeland and Princess Irene Galitzine. From Galitzine Archives, 1968ca.
De Gunzburg at Hemlock Island, 1968ca.
Bill Blass with De Gunzburg and Jacques Tiffeau, 1975ca.
De Gunzburg at Hemlock Island, 1975ca.
Ultimi giorni
Perso il lavoro a “Vogue”, quando nel 1972 fu costretta ad andarsene Diana Vreeland, il barone fu subito assunto da Calvin Klein come “consulente”. Entrambi condividevano la stessa idea d’eleganza basata su un’essenzialità con particolari poco vistosi, tanto raffinata quanto pratica e moderna. Ancora oggi lo stilista spesso dichiara: “Nessuno è stato più importante nella mia vita e come fonte d’ispirazione come de Gunzburg”.
Dopo una lunga serie di ricoveri, dovuti a collassi, il “Barone” morì il 20 febbraio 1981 a New York. Anche nelle sue ultime parole fu ironico e attento al look dicendo: “Bene, ora mi sa che ho un lungo cammino da fare, infilatemi i miei eleganti stivaletti neri!”.
Fu Calvin Klein a farne l’orazione funebre, accompagnato da Blass e de La Renta, sia ai funerali cattolici a Manhattan che all’interramento in un cimitero nei pressi dell’isola in New Jersey. Cinque anni dopo l’avrebbe raggiunto, nella tomba a lato, anche il suo compagno Paul Sherman.
Bill Blass and De Gunzburg at Ritz Bar in a sketch by Joe Eurla, 1980.
De Gunzburg’s home at Hemlock Island (picture by Craig Keller, 2008)
De Gunzburg and Paul Sherman graves at Glenwood Cemetery (picture by Craig Keller, 2008).