“l’architetto è soprattutto un direttore d’orchestra”
T. Buzzi
La Scarzuola è un luogo fantastico, una follia in pietra costruita dall’architetto Tomaso Buzzi (1900-1981), che si trova nella campagna di Montegabbione, in provincia di Terni.
La Scarzuola: città ideale
Secondo le cronache locali fu lo stesso San Francesco nel 1218 a costruire qui una capanna con una pianta del luogo chiamata Scarza, da cui il nome Scarzuola. Su questo stesso luogo fu successivamente eretta una chiesa ed un convento affidato ai frati minori fino a quando, nel ‘700, l’intero complesso passò nelle mani dei Marchesi Misciatelli di Orvieto. Furono questi ultimi proprietari e proporne l’acquisto all’architetto Tomaso Buzzi che, nel 1957, decide di comprare l’intero complesso con lo scopo di costruire qui la sua città ideale. Fino al 1978 mise in atto un progetto tanto fantasmagorico quanto inutile, in cui l’architetto costruì quella che chiamò “un’antologia in pietra”. Ne venne fuori una costruzione non disordinata ma totalmente onirica, svincolata dalla realtà e da qualsiasi finalità.
Le radici sono quelle dell’eclettismo, ma siamo oltre, siamo al pastiche che unisce Bomarzo a Gaudì. I riferimenti sono troppi e intricati: prima di tutto le architetture monumetali come Villa Adriana o edifici emblematici dell’antichità (Partenone, Colosseo, Pantheon, Piramide, Torre dei venti, Tempio di Vesta, Torre campanaria); il modello della città ideale di epoca umanistica; il giardino rinascimentale come Villa d’Este, modello per la Rometta dell’architetto-archeologo Pirro Ligorio e Bomarzo per l’effetto di gioco e meraviglia (barca, Pegaso, mostro); il teatro barocco e la scenografia con riferimenti a Andrea Palladio, Vincenzo Scamozzi e Sebastiano Serlio. Ma ancora la metafisica, perché certi scorci fanno pensare alle città dechirichiane; il surrealismo per l’assurdo di costruzioni come le scale à la Escher e anche certe scenografie cinematografiche se pensiamo a Fellini. Poi ancora l’esoterismo, il simbolismo più criptico e iniziatico, un linguaggio antropomorfico, geometrico, astronomico, magico. I simboli sono ovunque, richiami all’antichità o incomprensibili segnali di un personalissimo percorso verso la conoscenza o verso la rivelazione, a seconda che la finalità sia esoterica o mistica. La lettura è molteplice, personale e segreta.
Per Buzzi si parla a ragione di neo-manierismo per l’uso di scale e scalette in tutte le dimensioni, allungamenti di membrature architettoniche, propaggini antropomorfe o mostruose, volute sproporzioni di alcune parti, affastellamento di edifici, di monumenti, statue verdi all’Arcimboldi, come se la materia prendesse vita ma in modo silenzioso, come se nascondesse dei linguaggi che vanno decifrati. Riferimenti massimi dell’opera di Buzzi sono Borromini e l’Hypnerotomachia Poliphili di Frate Colonna, testo base anche del giardino di Bomarzo.
Chi era Tomaso Buzzi?
Tomaso Buzzi oggi è un nome al margine, artista colto e attivissimo del quale si auspica una riscoperta. Oltre a molte opere, ci ha lasciato questo capolavoro, un delirio architettonico che rimane un unicum nella storia dell’architettura, italiana e non.
Fu di più che architetto: designer, arredatore, restauratore. Dopo la laurea in architettura al Politecnico di Milano nel 1923 si distinse per ruoli rilevanti negli avvenimenti artistici più importanti di quegli anni. Come membro fondatore del Club degli urbanisti partecipò ad esempio al famoso concorso per la sistemazione urbanistica di Milano con il progetto Forma urbis Mediolani.
Dopo una prima e fondamentale fase, legata alla collaborazione con Gio Ponti per l’architettura d’interni caratterizzata da arredamenti lontani sia dal gusto déco sia dal peso novecentesco, nel 1927 con Lancia, Marelli, Venini, Chiesa e lo stesso Ponti fonda l’associazione “Il Labirinto”. Nel 1928 inizia a collaborare con la rivista Domus, mentre tra il 1932 e il 1934 lavora attivamente con la vetreria Venini di Venezia, collaborando con Paolo Venini, Pietro Chiesa, Giulio Rosso ed i principali artisti nel campo del vetro. Animato dal motto “l’architetto è soprattutto un direttore d’orchestra”, a partire dal 1934 intraprende il restauro di palazzi di assoluto rilievo: dalla palladiana Villa Maser a Treviso, a palazzo Papadopoli a Venezia, sino a giungere alla realizzazione in toto di Villa Necchi a Nervi tra il 1953 e il 1956. Ebbe ruoli organizzativi di spicco in manifestazioni nazionali ed internazionali sulle arti applicate: Triennale di Milano, padiglioni dell’Enapi, Mostra Internazionale di Amsterdam, Mostra Nazionale dello Sport ecc.
Buzzi si occupò anche della progettazione di mobili, di ceramiche, di pizzi e merletti, lampade orologi ed ogni tipo di oggetti d’arredo. I suoi interessi presero da subito una piega più originale e insieme straordinariamente colta, rispetto agli altri personaggi della scena milanese, che lo resero forse meno conosciuto al grande pubblico (scelse anche un volontario isolamento e smise di pubblicare le proprie opere dalla fine degli anni ’30), ma che gli valse l’ascesa ad architetto ufficiale della nobiltà ed alta borghesia italiana. Tra i numerosi progetti vanno segnalati Palazzo Marcoli a Roma, la Villa Pacelli a Forte dei Marmi, la Villa Rossi di Montelera a St. Moritz, la Villa Nasi Agnelli a Cap-Ferrat, la Villa Putti a Bologna e il Teatro della Cometa a Roma. A lui si deve anche la ristrutturazione dell’Ambasciata d’Italia a Tokyo e a Bangkok. L’acquisto della Scarzuola fu una delle sue ultime attività. Morì a Rapallo nel 1981.
Informazioni pratiche
La Scarzuola è oggi privata. L’erede di Buzzi, Marco Solari, ha portato avanti i progetti rimasti incompiuti alla morte di Buzzi e tutt’oggi si occupa personalmente delle visite. Il luogo non è facilissimo da raggiungere. Le visite si possono prenotato dal sito ufficiale: lascarzuola.com
Sources: archimagazine.com; wsimag.com
Official site: lascarzuola.com
Tomba di Tomaso Buzzi a Sondrio.
Grazie a Lodovico Malrivo per questa foto.
1 Commento a “La Scarzuola, the architectonic fantasy of Tomaso Buzzi”
Buon giorno,
Ho appena scoperto il tuo blog e il tuo articolo su “La Scarzuola” di Tomaso Buzzi. Sorprendente. Il tuo articolo con le fotografie è molto interessante. Buone giornate e serate.
Tanguy Dohollau
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