“…il scrutait les origines de ce grand artiste, de ce païen mystique…”
J.K. Huysmans, À rebours
La prima casa museo
Parigi è decisamente la città delle case museo. E’ qui infatti che si trova la prima casa museo così voluta dal proprietario stesso: la casa museo del pittore Gustave Moreau. Non nascondo che si tratta forse del mio luogo preferito a Parigi nonché una delle case museo più belle che ho mai visto, insieme al Vittoriale e a casa Mario Praz a Roma. Un luogo speciale dunque, perché qui si può ancora respirare in modo quasi originale quello che era davvero l’ambiente, l’atmosfera in cui visse questo grandissimo pittore precursore del simbolismo.
Gustave Moreau, schivo, riservato, visse in questa casa per quasi 50 anni. Fu lui stesso a pensare di trasformare la sua casa in un museo per le sue opere, come scrisse nel 1862: “Ce soir 24 décembre 1862. Je pense à ma mort et au sort de mes pauvres petits travaux et de toutes ces compositions que je prends la peine de réunir. Séparées, elles périssent ; prises ensemble, elles donnent un peu l’idée de ce que j’étais comme artiste et du milieu dans lequel je me plaisais à rêver” .
Una preoccupazione che lo attanagliava e che deriva dal pensiero della morte. L’unica possibilità per la sua arte di sopravvivere è evitare la dispersione, smembrate le sue opere non potranno significare nulla, solo insieme possono dare l’idea di quella che è stata la sua arte e quindi la sua vita. Ecco dunque che la casa museo si concepisce come opera a parte, anzi opera summa, che raccoglie e illustra un mondo, quello del pittore e una vita, quella spesa per l’arte. Ci sono già tutti i principi per l’estetica decadente. Non a caso Moreau viene citato da Huysmans nel capitolo V di A rebours, come uno dei pochi artisti che il raffinato protagonista, des Esseintes, ha cura di tenere in casa. Così ne parla: “Entre tous, un artiste existait dont le talent le ravissait en de longs transports, Gustave Moreau […] Comme le disait des Esseintes, jamais, à aucune époque, l’aquarelle n’avait pu atteindre cet éclat de coloris ; jamais la pauvreté des couleurs chimiques n’avait ainsi fait jaillir sur le papier des coruscations semblables de pierres, des lueurs pareilles de vitraux frappés de rais de soleil, des fastes aussi fabuleux, aussi aveuglants de tissus et de chairs. Et, perdu dans sa contemplation, il scrutait les origines de ce grand artiste, de ce païen mystique, de cet illuminé qui pouvait s’abstraire assez du monde pour voir, en plein Paris, resplendir les cruelles visions, les féeriques apothéoses des autres âges.”
L’inizio
La casa, situata al numero 14 di rue de la Rochefoucauld, era stata acquistata dai suoi genitori Louis e Pauline nel 1852 e il suo studio era collocato al terzo piano. Appare modesta d’aspetto, come dice Paul Leprieur, nella sua monografia sull’artista: “Dans ce quartier neuf… elle se distingue par son apparence modeste, sa mise un peu vieillotte et je ne sais quelle sauvagerie qui lui donne l’air d’avoir peur du passant […] L’atelier est son laboratoire et il s’y livre loin du bruit à son travail d’alchimiste toujours inquiet, amoureux de perfection…”. Ecco dunque il ritratto di un artista poco incline alla popolarità e alla confusione, preoccupato unicamente delle sue opere, la sua arte, a cui si dedica in maniera devota e incessante, preoccupato di cercare la perfezione, la formula giusta, come un alchimista medievale.
I lavori di ampliamento, voluti dall’artista al fine di trasformare la sua casa in un museo, iniziano solo dopo la morte dei genitori: suo padre nel 1862 e sua madre nel 1884. Così, a partire dal 1895, sono affidati all’architetto Albert Lafon, già collaboratore del suo vecchio amico, l’architetto Edouard Louis Dainville. Oggi la casa museo custodisce più di 14000 opere dell’artista fra tele, opere incompiute, acquerelli e schizzi. Infatti migliaia, fra opere grafiche e pittoriche su carta, sono esposte su pannelli mobili e lo stesso Moreau ha progettato una struttura rotante per l’esposizione degli acquerelli.
Alla sua morte, avvenuta 18 aprile 1898, la casa viene donata allo Stato francese che ne ha accettato il lascito nel 1902. Il museo ha aperto le porte al pubblico 14 gennaio 1903. Georges Rouault, allievo prediletto dell’artista, ne è divenuto il primo curatore fino alle sue dimissioni nel 1922.
Le cabinet de réception
Questo studiolo fu una delle due stanze aggiunte durante i lavori di ristrutturazione voluti dal pittore con l’idea di trasformare la sua casa in un petit musée. E’ il 1896 quando incarica l’architetto Albert Lafon di avviare i lavori che prevedevano l’aggiunta di due stanze al primo piano, questo studiolo e una galleria, e due grandi atelier al secondo e terzo piano.
Nello studiolo il pittore aveva raccolto, come in una specie di personale wunderkammer, i libri rari, gli oggetti preziosi e insoliti. Nella vetrinetta a sinistra dell’entrata infatti si possono vedere le antichità appartenute al padre Louis Moreau: frammenti di ceramiche italiane del V e IV secolo, trattati di architettura in edizioni del XVI e XVII secolo di Vitruvio, Serlio, Vignola, poiché il padre era architetto e bronzetti di opere famose. E’ in questo spazio che il pittore riceveva quelle rare volte i pochi visitatori che accettava.
Era una camera delle memorie, così l’aveva concepita Moreau, dove tutti gli oggetti gli ricordassero qualcosa della sua vita. Tra queste una copia del Putto di Raffaello, realizzata all’Accademia di San Luca a Roma e dal quale l’artista non si era voluto separare neppure dopo l’offerta d’acquisto di un lord inglese. Tra le altre copie una replica, acquistata a Firenze, dell’angelo di Leonardo ne Il battesimo di Cristo del Verrocchio; qualche episodio de La storia di Sant’Orsola e della Leggenda di San Giorgio di Carpaccio copiata a Venezia. Altri omaggi all’Italia sono alcune vedute romane e delle copie delle pitture pompeiane. Uniche copie non italiane sono due ritratti equestri di Carlo V copiati da Van Dyck e di Filippo IV di Velasquez. L’unica opera non di Moreau in questa raccolta è una natura morta datata al XVII secolo del pittore fiammingo Jan Fyt.
La disposizione di tutti questi oggetti rispecchia perfettamente quella che lo stesso artista decise e scelse per il suo studiolo. Il visitatore si trova così di fronte alla stessa camera che vide e descrisse Robert de Montesquiou, suo ammiratore incondizionato: “Gustave Moreau, si jaloux de son originalité, savait à ses heures, se révéler copiste génial, ensemble copiste inspiré et respectueux. Ses amis, ses visiteurs, rares privilégiés, se souviennent du décor de son cabinet de réception, dans lequel, fièrement et modestement, son glorieux nom ne s’offrait à lire qu’au-dessous de belles et charmantes répliques. M. Degas, qui les avait vu faire en Italie, du temps de leur jeunesse et de leur amitié, m’en parlait avec admiration”. (Altesses sérénissimes, 1907).
hallway from the cabinet to the others rooms
Salle à manger:
Questa sala da pranzo, con la boiserie verde acqua e sedie in stile Luigi XVI, acquistate nel 1852, è decorata da riproduzioni fotografiche di opere che Moreau aveva precedentemente venduto. Particolarmente notevole è la collezione di ceramiche, molte delle quali già possedute da suo padre, provenienti per lo più da Urbino o da Faenza.
La chambre:
Questa camera, che precedentemente era occupata dalla madre dell’artista, Pauline Moreau, raccoglie tutti i ricordi di famiglia come ritratti, fotografie e disegni. Si può vedere un ritratto di Gustave fatto da Edgar Degas datato verso il 1880, un ritratto di Pauline Moreau firmato Elie Delaunay e un ritratto di Moreau realizzato da Gustave Ricard (1864).
In questa vetrinetta l’artista aveva raccolto e disposto lui stesso tutti i ricordi, le miniature e i ritratti di famiglia in modo da formare un piccolo albero genealogico.
Le boudoir:
Se i mobili della camera precedente erano appartenuti ai suoi genitori, quelli del boudoir appartenevano ad Alexandrine Dureux, sua amica e musa o, come lui la definì “Meilleure et unique amie”. Dalla sua collezione provengono le numerose opere di Moreau appese al muro quali Cavalier Renaissance, Le Bon Samaritain e Pasiphaé. Anche la disposizione del mobilio è opera di Moreau. Tutto è rimasto così come lui stesso lo aveva disposto.
Les ateliers:
Grand escalier des ateliers
E’ il 1895 quando Gustave Moreau decide di ampliare la sua casa di famiglia per costruire un atelier in cui esporre tutte le sue opere. L’architetto e suo amico Albert Lafon, conserva l’appartamento al primo piano e costruisce al posto della terrazza l’atelier del secondo piano, destinato ad accogliere le opere grandi che si collega, tramite una monumentale scala a chiocciola, all’atelier del terzo piano.
details from Jupiter et Semele (1895)
in the backround: Les Pretendants
The Mystic Flower
La vie de l’humanité
details from La vie de l’humanité
on the tripod: Self-portrait, 1850
Bethsabée
L’apparition
detail from L‘Apparition
2 Commenti a “Gustave Moreau’s home, Paris”
Ma sono l’unico che lascia commenti..? Mah peccato. Forse è passato di moda. O forse sono un rompipalle io. Comunque, quando visitai la casa museo di Moreau fotografai uno ad uno quasi tutti i disegni nelle teche di vetro, quelle che si aprono tipo libro, per capirsi. Per fortuna che avevo la fotocamera compatta altrimenti con la reflex ci avrei messo due giorni e i guardiani mi avrebbero portato via con la forza, o denunciato. Un posto incantevole. Vale da sola un viaggio a Parigi, città che tra l’altro non mi ha mai entusiasmato più di tanto. Moreau è un artista senza tempo.
Ho passato ore in questa casa museo che è tra le mie preferite in assoluto insieme al Vittoriale e a casa Praz a Roma. Ho fatto centinaia di foto, tra l’altro l’allestimento dei disegni è davvero intelligente. E’ vero, vale da sola il viaggio a Parigi, ma ti assicuro che ci sono altri luoghi che meritano davvero tanto (il prossimo mese pubblicherò vari post su questa città che amo).
PS Di solito si preferisce lasciare i commenti sui social, ma sono comunque ben accetti anche qui 🙂
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