foto: The Hero, 1928
Succede nell’arte che certi artisti raggiungano già in vita un successo sicuro, altri invece svaniscono senza razionali motivi. Si disperdono in fogli sparsi adorati dai collezionisti. E’ il caso di Dörte Clara Wolff, meglio conosciuta come DoDo, illustratrice ebrea tedesca di cui ricorre oggi l’anniversario di nascita.
Riscoperta solo nel 2009 per caso, ciò che rende questa artista interessante non è solo il valore indiscutibile del suo lavoro artistico, ma anche la sua personale vicenda biografica.
Dodo è un prodotto della Repubblica di Weimar, anzi ne è la più sensibile interprete al pari forse solo di un’altra artista come poteva essere Jeanne Mammen, sua quasi coetanea. Entrambe donne in una congèrie culturale prevalentemente maschile se si pensa a George Grosz, Otto Dix, Rudolf Schlichter, Rudolf Wilke o Karl Arnold. A prima vista non sembra avere molto in comune con loro, le sue sono solo illustrazioni di costume, ma a guardare bene, dietro il nervoso tratto Decò è già presente un sentire espressionista. Se infatti si confrontano i disegni degli anni 20′ con quelli degli anni ’30, che lei chiamò “unconscious paintings”, questi rappresentano le visioni, le paure, gli incubi che escono unicamente dal suo inconscio.
I disegni rispecchiano e seguono sempre lo stato d’animo di Dodo, lei disegna quello che vede, il suo non è disegno da scenetta per quanto frivolo e alla moda, non è abbellimento, non è decorazione: è ‘ già espressione. Ecco quindi che riesce a conciliare illustrazioni satiriche e di costume a illustrazioni bibliche, per bambini ed espressioniste fino ad arrivare quindi agli anni ’40-’50 con una pittura realista, fatta di oggetti e un po’ naïf.
Inizi e splendore
Come ogni ragazza, in principio fu la moda. A quanto pare la piccola Clara, nata nel 1907 a Berlino in una famiglia ebrea, imparò a disegnare prestissimo, frequentò la Reimann School e subito cominciò a lavorare come illustratrice di moda per vari giornali. I suoi primi disegni del ’26 sono ancora legati al tipo di illustrazione di moda inizi secolo, ma non tarderà ad affrancarsi e ad acquisire uno stile personalissimo. Possiamo dire che raggiunge il pieno successo artistico tra il ’28-’29, biennio in cui sono datati la maggior parte dei suoi disegni più famosi: la sua è una firma richiesta se il giornale satirico ULK la sceglie come illustratrice fissa.
Siamo in piena Repubblica di Weimar, in una Germania politicamente ed economicamente dissestata ma culturalmente al suo massimo. E’ tutto frenetico, la parola d’ordine della Repubblica di Weimar è dimenticare, ad ogni costo. E Dodo si adegua, si butta in quel mondo bello e maledetto con un look da maschietta, un monocolo, fuma e porta il bastone, non molto diversa da come appariva Anita Berber. Dodo è perfetta nell’illustrare la scena del momento, quel momento tra le due guerre dove tutto è possibile in Germania, perché guarda, osserva e illustra con freddo distacco lo stesso mondo in cui lei vive. Un mondo inquieto, nervoso, ambiguo, corrotto. Vede le espressioni vuote delle signore annoiate ma perfettamente vestite, i cocktails, le coppie indifferenti, donne sofisticate dallo sguardo tagliente appaiate a signori panciuti che le sfoggiano come accessori, gli ultimi stanchissimi aristocratici ormai intorbiditi dalla nuova borghesia. Eccolo l’Eroe del momento (The Hero, 1928), il borghese che ce l’ha fatta, arricchito più che ricco, indifferente a tutto fuorché a sé stesso, in primo piano le mani e i gioielli, atto di compravendita della donna che porta a spasso.
Nel ’28 disegna i costumi per lo spettacolo Wenn die beste Freundin… , composto da varie scenette in cui quella più famosa è un duetto di Margo Lion e un’ancora sconosciuta Marlene Dietrich. La canzone ‘Wenn die beste Freundin’ (When My Best Girlfriend) dal testo giocoso e ambiguo, divenne a ben vedere un piccolo inno per le lesbiche di quegli anni. Giunge quindi inaspettato l’anno dopo, cioè nel 1929, il matrimonio con un avvocato più grande di lei di una ventina d’anni, si chiamava Hans Bürgner. A quanto pare si sposò indossando un vestito di taffetà di seta rosso. I due andarono ad abitare in un appartamento disegnato da Ernst Freud (il figlio di Sigmund e padre di Lucian) e la coppia ebbe due bambini.
Il crollo
Dodo sembra aver raggiunto quella che si potrebbe dire un’invidiata vita borghese allietata dalle feste, ma la bella facciata cela già le crepe del crollo. E il crollo avverrà infatti nel ’29, con la crisi di Wall Street. Segue la crisi del marco, siamo ormai entrati in una nuova epoca, nel ’33 Hitler prende il potere e Dodo, che è ebrea, non può più lavorare liberamente. Continua a illustrare per giornali ebrei, come Jüdische Rundschau per cui disegna scene bibliche e nel frattempo si avvicina alla psicoanalisi. Le cose non erano più felici e brillanti come negli anni ’20 e, per seguire il suo nuovo amante Gerhard Adler, un giovane psicoanalista allievo di Jung, di lì a poco avrebbe abbandonato la Germania per trasferirsi a Zurigo. Qui conosce Jung e Toni Wolff, che la prende in cura.
Sono anni travagliati, Dodo è sotto analisi e si dibatte nel triangolo tra suo marito e l’amante Gerhard. I disegni di questo periodo ne sono un riflesso. Visioni oniriche, paure, sensazioni di colpa, alienazione; non più figurette ingioiellate e spensierate ma donne incinte, spose con teschio, aborti, una coppia che fa sesso vicino ad una suora, peni, sangue. Sono questi a mio dire i disegni più interessanti, fuori da qualsiasi influenza, unica espressione del sentire: è qui che Dodo è veramente espressionista.
E’ un momento di vita difficile sicuramente e intanto il mondo andava verso la II Guerra Mondiale. Con la situazione politica che peggiorava, Dodo si vide costretta a scappare, andò a Londra e divorziò dal marito Hans.
L’esilio
Nel ’36 Dodo si stabilisce a Londra e si sposa con il suo amante Gerhard Adler. Matrimonio infelice però, se già due anni dopo divorzia anche da lui. Gli anni a Londra, durante la guerra, sono quanto di più distante dagli splendidi anni ’20. Ristrettezze, difficoltà, quotidianità. Dodo continua a lavorare come illustratrice, disegna fiabe e si firma Dodo Adler. Nel frattempo il suo ex marito Hans, che era stato interdetto anche lui a lavorare in Germania, si trasferì a Londra nel ’38 e da qui si impegna ad aiutare gli ebrei a scappare.
I due sembrano riconciliarsi e vivranno in questa neo-ritrovata unione matrimoniale con i loro figli fino a che, incredibile a dirsi, si risposarono nel ’46. Hans continuò a lavorare per aiutare le vittime dell’olocausto fino alla morte avvenuta nel 1974, Dodo riprese a disegnare negli anni ’50 illustrando greeting cards per Raphael Tuck & Sons e per la Paris House London. In pittura invece si fece essenziale, quasi realista, dipingendo nature morte, paesaggi e nudi e sperimentò anche la tessitura. Iniziò a seguire un corso di pittura e un giorno (che strana la vita a volte) le sembrò di riconoscere un volto familiare: era Gerhard Adler, il suo amante. Quello fu il loro ultimo incontro, lei fu presente ai funerali di lui quando morì nel 1988. Dieci anni dopo morì anche lei, era il 1998.
La riscoperta
Dopo il periodo degli anni ’20, Dodo era caduta nell’oblio come artista, come mai nessuno se ne era mai accorto? Un giorno, pochi anni fa, ad un asta i suoi disegni furono notati dal gallerista di Amburgo Renate Krümmer, il quale di lì a poco riscoprì l’intero lavoro di questa vita altrimenti dispersa. Nel 2012 le è stata dedicata la prima mostra a Berlino che poi si è spostata al London Jewish Museum of Art’s Ben Uri Gallery. Il catalogo della mostra, che ancora si può trovare, è l’unico libro a lei dedicato ed è da qui che sono state tratte queste informazioni.
Online è possibile trovare anche un sito internet a lei dedicato dalla pronipote Clare Amsel: www.dodoburgner.com in cui ci sono molti disegni non rintracciabili altrove anche se, ahimé, si vedono molto piccoli e senza titoli.
Sources&more:
For english readers: strangeflowers.wordpress.com
Exhibition at Ben Uri Gallery in 2012: benuri.org.uk
Book “Dodo – Life and Work 1907-1998” : www.hatjecantz.de
Site dedicated to Dodo by her granddaughter Clare Amsel : dodoburgner.com
Wenn die beste Freundin
Costume Design, c. 1926
Wedding auf dem Dachgarten, 1929
The Gentlemen with the Glacier Eye, 1928
Guilt, 1933
A self-portrait with Gerhard Adler, 19
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